Note su Teatro Rossi e Pisa

Lo scorso autunno a Pisa c’è stato molto fermento: il rifiuto per le politiche comunali degli ultimi anni e la necessità da parte della cittadinanza di riappropriarsi di spazi in cui affrontare questioni vere hanno portato all’occupazione prima del Teatro Rossi e poi dell’ex-colorificio.

Il Teatro Rossi è parte del patrimonio storico-artistico della città di Pisa, un patrimonio dimenticato dall’amministrazione comunale che dopo averlo chiuso perché inagibile, è stato lasciato in stato di abbandono. Il 27 settembre 2012 l’associazione TRA (Teatro Rossi Aperto) ha occupato la struttura, restituendo alla cittadinanza quello che le appartiene. Cittadini, studenti, migranti e lavoratori dello spettacolo in questi mesi hanno indetto assemblee pubbliche, tenuto spettacoli teatrali, realizzato workshop con artisti internazionali. Hanno restituito al Teatro Rossi la sua vocazione di luogo di cultura.

L’occupazione del Teatro è nata dalla necessità di una cultura dal basso, autentica e partecipata, una multi-cultura che rifiuta la logica della cultura retorica e formale dei grandi eventi, tanto a cuore all’amministrazione comunale.  [1] [2]  A cinque mesi dall’occupazione l’esperienza del Teatro Rossi ha all’attivo una molteplicità di eventi culturali sostenuti da una buona partecipazione popolare: c’è una parte di cittadinanza che si riconosce in questo gruppo, che afferma con forza il bisogno di una forte coesione sociale e che muove dalla cultura per esistere (e resistere) contro la crisi.

Questa esperienza si inserisce in un contesto che vede l’amministrazione comunale sempre più lontana dalle esigenze di chi vive Pisa, troppo impegnata a curare l’immagine della città agli occhi dei turisti.

Il motore alla base delle mozioni approvate dall’amministrazione sembra essere la volontà, nemmeno troppo celata, di trasformare la città in un gioiellino, una sorta di “disneyland” per i turisti. Fondi del valore di 42 milioni di euro sono stati investiti per la “valorizzazione della città d’arte e la riorganizzazione dell’offerta turistica” [3], quasi tutti destinati alla riqualificazione di luoghi “strategici”, ovvero quei luoghi che costituiscono una sorta di itinerario turistico attraverso la città (vedi ad esempio la nuova pavimentazione del corso e di Piazza dei Cavalieri) [4]. Non risultano tra i destinatari dei fondi luoghi di valore storico-artistico che più necessitano di interventi, ma che non sono note mete turistiche, il Teatro Rossi è l’esempio più lampante di questa contraddizione: il comune l’ha semplicemente dichiarato inagibile, e se ne è lavato le mani.

Parallelamente, c’è una evidente disattenzione verso le questioni che riguardano gli studenti e gli immigrati che costituiscono una parte massiccia del potenziale umano che ogni giorno vive e attraversa Pisa (secondo dati del 2010, gli studenti  iscritti all’Università di Pisa sono 51641 mentre gli immigrati 33652, a fronte di una popolazione  di 87740 persone [5] [6] [7]. La questione che s’impone a questo proposito è quella dell’assenza di una rappresentanza in consiglio comunale di un gruppo che è numericamente paragonabile alla popolazione “autoctona”: essi sono la metà dell’intera cittadinanza, ed è la la metà che non ha nessuna voce in capitolo nelle decisioni per la collettività, pur portando alla città una notevole ricchezze economica, oltre che un’inestimabile ricchezza umana e culturale che, come dimostrano le esperienze del Teatro Rossi Aperto e dell’Ex-Colorificio, sono uno degli elementi di forza di Pisa.

 

Note:

 

[1] http://teatrorossiaperto.blogspot.it/

[2] Riporto il testo scritto da un membro del TRA: “Pisa, anno 1770. La città ha bisogno di un teatro per sopperire alla mancanza di strutture atte ad ospitare spettacoli e concerti destinati ad un pubblico sempre crescente ed in cui il Granduca e la sua corte possano trascorrere piacevoli momenti di diletto durante i lunghi soggiorni pisani.
Il Teatro Ernesto Rossi viene edificato più di 300 anni fa e, dopo oltre un secolo di piena attività e numerose vicissitudini, cade nell’abbandono più totale, ridotto ad una fatiscente discarica, un polveroso monumento all’incuria delle varie istituzioni che nel corso del tempo lo hanno gestito.
Pisa, anno 2012. La città ha nuovamente bisogno di un teatro. Questa volta non c’è nessuna corte di cui soddisfare il piacere, non esiste alcun sovrano a finanziare l’opera. Solo semplici cittadini (studenti,lavoratori dello spettacolo, ricercatori, attori, tecnici..) in cerca di uno spazio che possa divenire centro di un progetto culturale di rinascita, che non accettano di assistere impassibili all’ennesimo scempio ai danni del nostro patrimonio artistico, che decidono di rendere alla città quel servizio che la sua classe dirigente non è stata in  grado di garantire.  Il Teatro Rossi ora è molto più di un contenitore di spettacoli: oltre ad ospitare compagnie teatrali da tutto il mondo e concerti, è sede di workshop, laboratori, dibattiti, conferenze nonchè luogo di aggregazione sociale e crescita culturale. Ma ancora più ambizioso è il sogno che sta prendendo vita tra coloro che collaborano alla riapertura del luogo: si immagina un restauro non semplicemente conservativo che lo renda uno spazio versatile e aperto a qualsiasi tipo di performance artistica e iniziativa in grado non solo di intrattenere, ma soprattutto di coinvolgere chiunque lo attraversi.
Per realizzare questo ambizioso progetto, il 27 settembre 2012 abbiamo fatto sgomberare dal Teatro Rossi le istituzioni che lo occupavano indebitamente e l’abbiamo restituito alla città, che da allora continua a sostenere la riapertura e a partecipare alle iniziative con crescente interesse.

[3] http://www.pisainformaflash.it/notizie/dettaglio.html?nId=3388

[4] http://www.comune.pisa.it/urbanistica/doc/piuss/piuss.htm

[5] http://www.unipi.it/ateneo/storia/cifremod.htm_cvt.htm

[6] http://demo.istat.it/pop2010/index.html

[7] http://www3.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20101012_00/testointegrale20101012.pdf