Licenziamenti, precarietà: questa è la loro civiltà!

Un padre e una madre giovani, un bambino appena nato: è il ritratto ufficiale della Famiglia, il feticcio adorato e intoccabile, eterno, del nostro Paese, quello in nome del quale le forze politiche – dalla Lega, al Pdl, ai finiani comecazzosichiamano, all’UDC, all’MPA, al PD, all’IdV – muovono una guerra quotidiana ai diritti degli e delle omosessuali, delle donne, dei single, di chiunque non accetti l’ordine “naturale” delle cose.

Un padre e una madre giovani, un bambino appena nato: è il ritratto reale di tre persone che da un giorno all’altro si sono trovati a farsi i conti in tasca per comprare latte, pane, pasta, col rischio concreto di non arrivare alla quarta terza seconda prima settimana. In Cina? No. In Sudamerica? Nemmeno. A Montecilfone, Molise: non è la Cina, non è l’America latina, non è l’Africa, ma è un po’ Cina, Sudamerica, Africa; certe storie, certe facce, certe vite si assomigliano dappertutto.

Giuseppe Manes, questo è il nome del padre, lavorava alla Cft, cooperativa che si occupa di stoccaggio per il Conad di San Salvo. I turni in magazzino spesso superano le otto ore, sette giorni su sette; le condizioni di sicurezza sono prossime allo zero; il salario è da fame, 850 euro al mese; lavoratrici/ori immigrati, cinesi e africani/e, sono costretti/e ad accettare condizioni di lavoro peggiori, gli fanno firmare, denuncia lo SLAI,  un contratto non tradotto nella loro lingua col quale rinunciano al Tfr. Alla fine dello scorso Agosto, 12 lavoratori su 20 scioperano per tre ore, la cooperativa denuncia danni all’attività e inizia ad adottare una serie di ritorsioni nei confronti degli organizzatori dello sciopero: prima una sospensione cautelativa, la settimana scorsa il licenziamento per Giuseppe Manes e Michele Paglialonga, entrambi iscritti al sindacato SLAI Cobas.

Per lo SLAI non è il primo caso di licenziamento politico: pochi mesi fa, a perdere il posto di lavoro è stato Giovanni Musacchio, operaio FIAT “colpevole” di aver partecipato al presidio di lotta a Pomigliano d’Arco.

Tre persone, tre storie, tre vite, un solo destino, conseguenza del rifiuto di adeguarsi all’ordine di cose esistente, di restare in silenzio per “non disturbare il manovratore”: scioperare, lottare, rivendicare il diritto ad una vita migliore sono atti terroristici, e vanno condannati come tali.

Quella dei licenziamenti politici è una realtà fin troppo diffusa nel nostro Paese, dalle piccolissime botteghe alle grandi industrie, dalla cooperativa di stoccaggio del Conad alla Fiat: nessuno sa niente, nessuno si accorge di niente, salvo qualche volta, come quest’agosto, quando la faccenda ha riguardato tre operai della FIAT di Melfi, iscritti alla Fiom: purtroppo anche nell’essere licenziati ci vuole fortuna, e se si appartiene al sindacato sbagliato non se ne accorge nessuno.

Lo SLAI ha già annunciato il ricorso contro i licenziamenti, ai sensi dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, e contemporaneamente lavora all’organizzazione di una manifestazione di lavoratrici e lavoratori molisani, abruzzesi, extracomunitari, contro i licenziamenti, la repressione e lo sfruttamento sui luoghi di lavoro.

La crisi, in Molise come nel resto dei paesi a capitalismo avanzato, viene utilizzata, in assenza di resistenza, come grimaldello per scardinare ulteriormente i diritti della classe lavoratrice, ed imporre nuove e peggiori condizioni di vita e di lavoro; la ristrutturazione in atto in FIAT , la cassaintegrazione, toccano pesantemente la realtà sociale del basso Molise, allargandosi all’indotto prima, a tutta la realtà produttiva poi, con un aumento esponenziale del lavoro nero e un portone spalancato all’ingresso dell’economia extralegale e della criminalità organizzata.

L’arroganza del Marchionne di turno, oggi al lavoro con l’unico obiettivo di riscrivere le regole delle relazioni tra capitale e lavoro in Italia, galvanizza e insolentisce tutta la schifosa galassia di padroni, padroncini e padronucoli, pronti a scaricare i costi della ristrutturazione sulle/i lavoratrici/ori: nonostante ciò qualcuno, a sinistra, ha a noia gli/le operai/e, li considera poco cool, out, vetero, residuali, anziani, rappresentanti di un mondo del lavoro che non esiste più, vecchio; sono gli eredi, i figli e i nipoti dei partiti sedicenti di sinsitra che nei decenni scorsi non hanno mai fatto mancare il loro voto a tutti i provvedimenti precarizzanti, dal pacchetto Treu all’accordo sul welfare dell’ultimo governo Prodi. Questi soggetti sono oggettivamente complici dell’attacco padronale in atto.

POSTILLA + COLONNA SONORA

Anche la moglie di Giuseppe Manes è senza stipendio, licenziata perchè è incinta. Family days.

Giuseppe Manes 33 anni; Giovanni Musacchio, 32 anni; Michele Paglialonga, 26 anni. Veteri.

O cara moglie, cantata da Cisco, ex MCR

Francesco Tirro

originario di Campobasso, vive da 11 anni a Napoli, dove lavora come bibliotecario