Dal bombardamento mediatico all’esercito nelle città: come costruire la paura per giustificare la sempre maggiore militarizzazione delle nostre città. Il caso di Roma.
I media italiani hanno una vera e propria passione per le notizie di criminalità. Seguono le vicende in maniera morbosa, cercano dettagli pruriginosi o macabri, realizzano edizioni speciali di trasmissioni interamente dedicate all’ultimo delitto. È una situazione unica in Europa: il Tg1 dedica a cronaca e costume fino al 12% dell’edizione serale, contro il 2% di ARD, Germania, e il 3% di France 2, Francia, e BBC1, Inghilterra (dati Demos). Per spiegare questi dati c’è chi insiste sulla differenza del nostro retroterra culturale rispetto a quello degli altri paesi presi in analisi, chi invece sul fatto che in Italia il tasso di criminalità sia realmente maggiore rispetto al resto d’Europa. Sono motivazioni superficiali che non hanno effettivo riscontro con i dati: l’Italia è uno dei paesi più sicuri d’Europa e del mondo, con un tasso di omicidi bassissimo e Roma, in particolare, secondo dati del 2006, risulta addirittura la capitale con meno omicidi del mondo, con 0,9 delitti ogni 100mila abitanti (dati Comune di Roma, anno 2006), contro 4.7 di Amsterdam (wikinotizie, 22 novembre 2006).
A mio avviso il motivo della grande disparità tra i dati della criminalità e la sua rappresentazione mediatica va quindi ricercato altrove. Analizzando i grafici della ricerca Demos-Osservatorio Europeo Sulla Sicurezza, si possono osservare, non a caso, dei picchi nella rappresentazione mediatica del fenomeno della criminalità proprio in concomitanza di campagne elettorali. In particolare il picco maggiore si registra nel secondo semestre del 2007, proprio nel secondo ed ultimo anno dell’ormai agonizzante Governo Prodi, durante la campagna elettorale delle elezioni politiche ed amministrative del 2008, in cui stravinse la coalizione di destra sia al livello nazionale che qui a Roma, con l’elezione di Alemanno. È forse un caso che in questi mesi, in concomitanza della gravissima crisi economica e politica che stiamo attraversando, assistiamo ad un nuovo picco nelle notizie di cronaca nera nei nostri telegiornali?
Nel grafico di pagina 46 del rapporto “la Sicurezza in Italia e in Europa 2010” sono evidenziati i tre elementi chiave della questione: crimini commessi, servizi sulla criminalità e percezione della criminalità. Bene, da questi dati risulta chiarissimo il collegamento tra rappresentazione mediatica e percezione di insicurezza, andamenti che però sono completamente indipendenti dai dati sulla criminalità. Abbiamo quindi la risposta: la distorta rappresentazione mediatica della realtà serve a spaventare le persone, e la paura, come sappiamo, è una potentissima arma elettorale se “correttamente” indirizzata.
Le persone vengono fatte sentire vulnerabili in strada, spaventatissime sui mezzi pubblici e insicure persino nelle loro “tiepide case”. Questa paura ha portato e porta, in nome della sicurezza personale e nazionale, non solo a chiedere e giustificare norme liberticide e proibizioniste, ma anche ad accettare la violenza di stato che ogni giorno viene perpetrata nei CIE, la violenza sistematica esercitata dalle forze dell’ordine durante le manifestazioni, l’innalzamento di muri e barricate nelle nostre città, e a diffondere quel clima di razzismo che respiriamo ogni giorno.
«C’è una richiesta forte da parte dei cittadini di migliore controllo del territorio, di migliore sicurezza, soprattutto di poter avvertire che lo Stato garantisce con la sua presenza una condizione di vita migliore. Questo compito spetta alle forze dell’ordine e al ministro dell’Interno. C’è un problema di risorse in questo momento e di numero di uomini. Sarebbe difficile in questo momento, per esempio, poter fare delle pattuglie, nel senso di un allargamento di quello che già oggi fanno i carabinieri». Con questa dichiarazione del giugno 2008 il Ministro La Russa ha lanciato la campagna di sicurezza affidata all’esercito, con 2500 soldati armati a pattugliare le città italiane.
A due anni e mezzo da quella dichiarazione, e ad un anno e mezzo dalla scadenza ufficiale dei termini di permanenza inizialmente dichiarati, (sei mesi iniziali poi prorogati ad un anno, per un costo di 31,2 milioni di euro a semestre, fonte La Repubblica), i soldati sono ancora lì. Non so quale sia la situazione nelle altre città italiane, ma a Roma parà, granatieri, alpini, alcuni reduci dalle missioni all’estero, ancora sorvegliano, con fucili da guerra e mezzi blindati, non solo ambasciate, consolati americani e zone periferiche, ma anche quartieri centrali e frequentati da studenti, come Trastevere. Tutti coloro i quali si sono opposti a questa scelta, compresi i sindacati di Polizia, i più critici di tutti, sono stati bollati dal Ministro della Difesa come “postsessantottini”.
L’armamento degli agenti e la blindatura dei mezzi rendono completamente inadatti, inoltre, questi presidi ad un controllo capillare del territorio, quello che, cioè, spetta effettivamente alle forze dell’ordine, impossibilitando gli uomini a muoversi rapidamente e ad agire prontamente lì dove ce ne fosse il bisogno. Come ha detto il segretario del Sindacato autonomo di Polizia Nicola Tanzi, quella come l’impiego dei militari nelle città è una “inutile operazione di facciata”.
Camminando per la città oramai sembra di trovarsi in una zona di guerra: a Roma, oltre ai militari, è sempre più massiccia la presenza di agenti di Polizia e Carabinieri in tenuta antisommossa, a presidiare non solo sedi istituzionali come Palazzo Chigi, con la presenza costante nella antistante Piazza Colonna, di transenne e mezzi blindati, ma anche quartieri universitari come San Lorenzo o zone turistiche come Piazza Del Popolo e residenze private come Palazzo Grazioli.
La presenza di uomini armati è ostentata, come sono ostentate le stesse armi, ostentati i manganelli, i caschi, gli scudi; le forze dell’ordine non sono più rassicuranti, come era, almeno nelle intenzioni la figura del poliziotto di quartiere, poi tra l’altro abolita proprio a febbraio 2011. Il dubbio è che la funzione di tutto questo schieramento di forze sia proprio quella di spaventare più che di rassicurare, di intimorire i “nemici”, che oggi sono magari gli immigrati, ma domani chissà.
Fonti web
http://www.fondazioneunipolis.org/Pagine/Default.aspx da qui si può scaricare, in formato pdf, l’intero rapporto “La Sicurezza in Italia e in Europa 2010”
Articolo molto interessante.
Riguardo al bombardamento mediatico, invito tutti a leggere “Le 10 strategie della manipolazione mediatica” all’indirizzo
http://www.vocidallastrada.com/2010/09/le-10-strategie-di-manipolazione.html