La fuga dei cervelli… e dei corpi

Secondo il luogo comune, i Giovani se ne vanno o per studiare o per lavorare. Quelli che studiano, quando poi si laureano, si accorgono che il Molise non può offrire loro un Posto di lavoro degno degli Studi fatti, ed è così che si stabiliscono definitivamente Fuori, o magari se ne vanno all’estero. E’ la fuga dei cervelli, per colpa della quale il Molise viene privato delle sue menti migliori.

by RiGeneriamoCi

Sempre trascurato e sottovalutato nella nostra cultura è però il fatto che ogni cervello, in genere, è anche parte di un corpo; dunque, se posso aspirare al titolo di esponente qualificata della mitica categoria dei Giovani, vorrei testimoniare che i giovani se ne vanno e/o decidono di non tornare non solo per le esigenze dei loro cervelli e delle loro tasche – cioè per la necessità di trovare opportunità formative e professionali degne delle loro aspirazioni – ma anche per altri, più complessi motivi.

Voglio prendere le parti del piacere contro il dovere oggi, e dire che sì, ce ne andiamo anche per divertirci, per crescere a livello relazionale e non solo professionale, per essere noi stessi in posti dove è più facile farlo: e voglio spingermi fino a dire che anche questa è una questione politica.

Quello che la nostra emigrazione ci ha dato in dote, infatti, non è solo una buona università o qualche precario Posto di Lavoro. Partire ci ha dato anche la possibilità, che rimane piuttosto rara per i giovani che vivono in Molise, di vivere per conto nostro senza doverci prima sposare. Partire ci ha costretto, e ci ha dato al tempo stesso l’opportunità, di entrare nel meraviglioso mondo degli appartamenti condivisi, il che, al di là dei mille tragicomici aneddoti che ogni fuori sede può raccontare in proposito, significa anche imparare a condividere spazi, tempi, responsabilità, e a distaccarsi da certi ruoli generazionali e di genere che, in modo più o meno esplicito, ancora governano la vita quotidiana delle famiglie italiane. Una domesticità studentesca ricca di affetto e di cura reciproca, di solidarietà, di relazioni e di conflitti, che comporta responsabilità da gestire in comune, ma che è al tempo stesso libera da quelle norme non scritte per cui – per intenderci – è sempre la generazione dei genitori ad avere la responsabilità del comando, ed è sempre il genere femminile (madri, mogli, compagne o sorelle) a provvedere amorevolmente alla cura, all’alimentazione, all’igiene e al benessere fisico ed emotivo della truppa.

"Non ho niente contro i gay... basta che non ci provino con me!" by RiGeneriamoCi

Ancora, ciò che abbiamo trovato a Roma, a Bologna, a Milano e nei mille altri posti in cui ce ne siamo andati è – lasciatemelo dire – la possibilità di vivere la sessualità in modo più libero, e questo per una pluralità di ragioni, fra cui l’anonimato garantito dalla metropoli, la disponibilità di una stanza da letto, la maturità relazionale che si sviluppa vivendo per conto proprio e quella minima rimessa in discussione dei ruoli di genere che comunque consegue dal fatto di doversi lavare i calzini, cucinare i pasti e comprare le mutande da soli, e convivere con persone di ambo i sessi e di diversi orientamenti sessuali che non ci sono parenti.

Essere lesbica, gay, bisessuale, transessuale o transgender, per tutta la vita o solo quando il desiderio lo decide, ma anche essere eterosessuale in modo diverso, vivendo rapporti che non ricalcano i percorsi e i ruoli tradizionali, è molto più facile quando vivi “fuori”.

E’ difficile vivere in Molise da lesbica, gay, trans. Ma è difficile vivere in Molise anche se sei un uomo eterosessuale che non vuole adeguarsi al modello di virilità dominante, se sei una donna eterosessuale che non si comporta in modo “femminile”, se sei una madre single, o se sei una coppia etero che non segue lo stile di vita della famiglia del mulino bianco. E’ difficile vivere in Molise se sei una donna che subisce violenza da parte del marito o del fidanzato e non c’è un centro antiviolenza a cui rivolgerti, mentre dappertutto ti circonda una cultura che dice “fra moglie e marito non mettere il dito”. E’ difficile vivere in Molise se hai dei genitori anziani non autosufficienti e tutti danno per scontato che solo tu, figlia femmina, te ne debba occupare.

E più semplicemente, è triste e riduttivo per tutti/e vivere in un Molise dove ci sono in giro solo pochi modelli rigidi di genere e di sessualità.

Emigrazione giovanile non significa quindi soltanto che dal Molise fuggono i cervelli, il sapere, gli intelletti: dal Molise fuggono anche corpi, desideri e identità differenti, cosa che costituisce una perdita altrettanto grave e che crea sulle vite e sui desideri di chi rimane un’ulteriore pressione alla normalità.

E’ fatale che un posto piccolo, dove si conoscono tutti, dove le relazioni sono più fitte, debba significare per forza controllo sociale?

E’ una conseguenza naturale della crisi che i giovani debbano rimanere così a lungo dipendenti dalla famiglia? O è piuttosto l’esito di precise scelte politiche in materia di lavoro e di welfare, che minano nel modo più vasto l’autodeterminazione delle donne e degli uomini?

E’ inevitabile che i queer, i gay e le lesbiche della nostra regione debbano scegliere fra l’invisibilità e l’esilio volontario, rassegnandosi ad aspettare che la modernità arrivi anche nell’arretrato Molise – proprio quando le forme di modernità più avanzate sembrano prefigurare piuttosto uno spaventoso regresso sul piano delle libertà e dell’autodeterminazione?

Ma per fortuna, essere fuori sede non è un esilio. I nostri cervelli e i nostri corpi non sono in fuga, sono in movimento: circolano, vanno e vengono, e trasformano i luoghi che attraversano. Le grandi città non sono posti più avanzati, più “moderni” del Molise: sono solo luoghi diversi, attraversati da contraddizioni differenti, ed è questa esperienza della differenza che ci consente di immaginare nuove possibilità anche per il Molise. Nuove possibilità che passano dalle nostre intelligenze, dai nostri desideri, dai nostri saperi e dai nostri corpi.

Alessia Acquistapace

Alessia Acquistapace ha 28 anni e vive a Bologna. E’ originaria di Castropignano, studia Antropologia culturale, e fa parte del Laboratorio Smaschieramenti. Si occupa principalmente di femminismo, di intercultura e di teoria e pratica queer.

8 risposte a “La fuga dei cervelli… e dei corpi”

  1. A proposito di progetti lgbit nelle scuole, un po’ di link per voi… 🙂

    Perchè il laboratorio Smaschieramenti ha fatto tempo fa un’iniziativa su queste cose (http://smaschieramenti.noblogs.org/post/2010/05/12/rieduchescional-gender/), allora vi metto i link dei nostri ospiti.

    @ Norberto – guarda in particolare la biblioteca vivente che è il progetto forse più facile da replicare/trasportare.

    – Progetto alice: http://ilprogettoalice.wordpress.com/

    – Progetto scuola cassero: http://www.arcigay.it/progetto-benessere-cassero
    http://www.arcigay.it/schoolmates/ITA/index.html

    – Etichette stupide:
    http://etichettestupide.wordpress.com/

    – Biblioteca vivente:
    cos’è: http://retebibliotecavivente.wordpress.com/biblioreference/cose/
    video su biblioteca vivente a bologna: http://www.youtube.com/watch?v=ipoRiOQGjDE

    – Fiocco bianco (questo vi sembrerà forse che non c’entri niente ma ricordate che l’omofobia è un tratto centrale dell’identità maschile e quello che fanno gli educatori del fiocco bianco, almeno quelli di bologna che conosco personalmente, è proprio somntare l’identità maschile violenta e omofoba)
    http://www.fioccobianco.it/index.html

    Crossing tv – questo progetto non si occupa specificamente di questioni lgbit ma è bellissimo, ve lo metto lo stesso, il link è un servizio fatto da adolescenti immigrati di seconda generazione sul festival del cinema trans di bologna:
    http://www.crossingtv.it/?s=festival+del+cinema+trans

    baci!!

    Alessia

  2. Interessante il commento di Norberto.

    Nelle scuole sarebbe fondamentale organizzare incontri con il mondo dell’associazionismo glbt. Altro che ora di religione…

  3. Ho qualche difficoltà a comprendere le motivazioni di chi, andato lontato e vissuto per lungo tempo “fuori” (dall’Italia, dal Molise, dalla sua città), poi sceglie di tornare.

    Penso ai cervelli in fuga che, abindolati dalle promesse altisonanti, tornano nel nostro paese, magari lasciando una promettente carriera per fare i precari e scontrarsi ogni giorno con la pochezza della realtà italiana.

    Penso al muto esodo del popolo lgbt, che altro che dal Molise! Scappa proprio dall’Italia! E quando vai a vivere in un paese civile, che ti offre nientemeno che il “privilegio” di una vita normale, alla pari, organica al tessuto sociale…

    Ebbene, penso che bisogna essere pazzi! Ma proprio fuori di senno, per decidere di tornare. Per tornare a vivere in un paese che ti vuole, ti spinge e ti costringe nel buio.

    Penso che sia coraggioso rimanere o tornare, per contribuire alla (potenziale) crescita della collettività.

    Ma al contempo sono sempre più tentato di mandarla a fanculo definitivamente, la collettività. Perchè il mio interesse viene prima di tutto.

    E non è nel mio interesse vivere in un paese che fa finta di non vedermi, solo perchè è più comodo per il quieto vivere di tutti.

  4. Un’analisi davvero ben fatta che rispecchia in pieno la realtà, devo dire che ad alcune cose non avevo pensato in modo appropriato: ad esempio il “movimento” e non la “fuga” e ciò cambia totalmente le cose, perchè come già ha detto in un commento “Vivisullenuvole”, chi “torna” puo’ arricchire il Molise; quindi si dovrebbe sensibilizzare non solo chi effettivamente è in Molise, ma anche chi lo ha lasciato, visto che sono tra quelli che concretamente possono (riutilizzo le parole) “trapiantare” ciò che hanno imparato fuori.
    Per quanto riguarda il discorso sulla sessualità… dannazione ! Nelle scuole serve maggiore sensibilizzazione ! Io studente liceale, mi trovo ancora circondato da coetanei pieni di pregiudizi ed è terribile considerando i tempi che corrono.

  5. Mi fa veramente piacere leggervi e i vostri commenti mi fanno riflettere.

    Ovviamente con il mio articolo intendevo parlare della MIA esperienza, per la sola e buona ragione che solo da quella posso partire per chiedermi cosa posso fare per il mio luogo d’origine (e comunque anche per qualsiasi altro luogo, perchè credo che qualsiasi percorso politico onesto si faccia a partire da sè).

    Ovviamente chi è rimasto ha fatto esperienze diverse, che non sono di certo meno preziose delle mie, e Tratturi nasce appunto dalla voglia e dal bisogno di provare a connettere questi percorsi.

    Restare è una scelta coraggiosa, sì, forse è vero.

    O forse no. In realtà non mi piace pensarla in termini di una specie di dovere, di coraggio o di paura.

    Non torno a occuparmi del Molise per dovere, non lo faccio per altruismo, così come non me ne sono andata per egoismo. Torno a occuparmi del Molise perchè lo desidero, perchè ne sento il bisogno, perchè mi interessa, così come me ne sono andata perchè allora lo desideravo, ne avevo bisogno e mi interessava farlo.

    E’ vero che se tutti ce ne andiamo il Molise non cambierà mai, ma è anche vero che se non ce ne fossimo andati forse non saremmo cambiati noi (almeno non così tanto, così bene o così in fretta), e di conseguenza non avremmo potuto cambiare il Molise.

    Insomma, quanti gay e lesbiche visibili ci sono in Molise (residenti voglio dire)? Sarà un caso che noi siamo venute fuori solo dopo essere partite? E ovviamente il discorso non si ferma a questo – nè al coming out voglio dire, nè alle sole persone omosessuali, ma è certo che senza la visibilità personale quella diffidenza verso la differenza di cui dice Daniele non cambierà mai.

    Ammiro e stimo chi è rimast@, ma non credo nemmeno che ci sia bisogno di eroi. E non credo nemmeno che la scelta più giusta, più valida, sia una sola. Anzi credo che un cambiamento possa nascere solamente dall’incontro dell’esperienza e dei desideri di chi è restat@ con l’esperienza e i desideri di chi se ne è andat@ (niente doppi sensi.. o anche sì)

    Come ho detto, Tratturi nasce apposta per questo, e ciò che dico qui nasce anche dalle riflessioni che abbiamo fatto con le altre e gli altri del gruppo che ha lanciato Tratturi.

    Comunque non credo che ci sia un aut aut fra andarsene e restare, anche perchè la scelta di andarsene non è irreversibile, e non vuol dire per forza dimenticare il posto dal quale si proviene. E infatti eccomi qua, eccomi di ritorno in un certo senso, dato che mi sto occupando dei problemi del Molise per la prima volta dopo tanti anni, e per la prima volta anche come lesbica.

    Certo, abitarci è diverso. Ma con tanti posti che mi avrebbero potuto garantire una maggiore vivibilità (magari con l’astuto inserimento della mia sessualità nel magico mondo del mercato delle merci, delle immagini e delle relazioni) è stato invece il mio luogo d’origine a esercitare un’attrattiva potente su di me. Vorrà pur dire qualcosa, mi dico. Forse vuol dire che ora sono pronta; di certo vuol dire che 9 anni “fuori”, per questa e altre ragioni, non sono trascorsi invano.

    Comunque, al di là delle scelte di ogni singolo e singola, partiamo, se vi va, da ciò che ciascuna di queste singole vite può dare per cercare di smontare quel muro di diffidenza e di conformismo che il Molise oppone a tutte le sessualità altre – gay e lesbiche, ma anche donne e uomini non conformi ai canoni, ragazzi e ragazze dalla vita sessuale anomala ecc. – e cerchiamo di darci da fare, insieme, ognun@ da dove e come sta. Se volete, questo blog può essere un primo strumento per iniziare a ragionarci insieme.

    Un abbraccio

    Alessia

    P.S. A me piacerebbe molto leggere su queste pagine il racconto dell’esperienza, personale e politica, di chi è rimast@ o è tornat@ in Molise… scrivete a tratturi[at]insicuri[punto]net

    P.P.S. *lgbitq sta per lesbiche gay bisessuali transessuali intersessuali queer, lo so che è lungo e che tra un po’ ci vorrà tutto l’alfabeto, ma scusate, siamo tanti…

  6. Fuggire in un città che rappresenti un mitico “altrove” però spesso si traduce anche in una fuga da se stessi.

    Vivo da 11 anni in una città “altra”, conscio del fatto che per me non ne esiste una che possa davvero chiamare “casa”.

    Sono fuggito per le opportunità di studio che a Campobasso non c’erano; sono fuggito inseguendo specializzazioni tecniche che il Molise non mi poteva offrire; e sono certamente fuggito anche per conoscere il mio corpo e la mia sessualità, meglio di quanto non potessi fare in un contesto che sembrava ingessato, statico, quasi stantìo.

    E sono stato fortunato: ho trovate molte delle cose che andavo cercando. Eppure, nessuno mi toglie dalla testa che il vero coraggio, la vera misura della nostra forza di volontà non è nel fuggire, nel prendere tutto e ricominciare in un altro luogo, magari lontanissimo.

    Ma nel restare. Nel resistere, nell’ostinarsi a cambiare le cose dal di dentro.

    La Toscana offre un’incredibile ed impensata vivacità, in fatto di tolleranza, di apertura alle tematiche di genere, alla diversità come valore e opportunità di crescita per tutti.

    Ma esisterà sempre un posto “altro” che ci seduce di più, che promette di essere migliore, di coccolarci con più intensità.

    Eppure nessun luogo, per quanto fatato si presenti ai nostri occhi, potrà mai essere immune da brutture, da note stonate, da battutacce, da quei commenti infelici da bar che spesso si fanno senza neppure rendersene conto, solo per abitudine o perchè li fanno tutti gli altri.

    In nessun luogo si può mai trovare ciò che si cerca, se non siamo noi i primi a costruirlo, quel luogo. Con le nostre mani, con la nostra testardaggine, con la nostra pazienza e sofferenza anche, con la condivisione della nostra esperienza di vita.

    O meglio, se non siamo noi stessi a vivificare quell’Idea di luogo, in un qualunque luogo ci troviamo.

    Possiamo scappare dal Molise perchè la Toscana è più tollerante. Ma poi qualcuno ci dirà che dobbiamo scappare dall’Italia, perchè il resto d’Europa ci offre una prospettiva di realizzazione più completa, più totale… e così all’infinito.

    La vera scelta di valore è invece restare e resistere. Restare e plasmare il mondo secondo la nostra Idea di luogo fatato.

    Restare e resistere per fare di questo paese un paese diverso, forse migliore.

    Perchè non c’è alternativa: continuare a seguire la scelta egoistica della fuga, impoverendo progressivamente il luogo da cui si è partiti, non è un’alternativa.

    Perchè se tutti fuggono, alla fine non c’è più speranza per nessuno.

  7. Già già già, tutto vero… E aggiungerei: la posizione di “migrante” o “fuori sede” o come la volete chiamare può modificare in meglio il rapporto con il posto che si lascia (e che quando si era adolescenti ci stava stretto). I cervelli e i corpi “fuggono” ma “ritornano”, anche. E ritornando possono riappropriarsi poeticamente di quanto hanno lasciato, in tanti diversi modi. E magari – questo sarebbe bello – quelli che tornano potrebbero trapiantare nel loro paesello di origine un po’ di quanto appreso vivendo “in città”, un po’ di quella libertà e di quella cultura che deriva solo dalla condivisione di spazi, pastasciutte, letti, strade. Buoni ritorni 🙂

  8. Il Molise soffre cronicamente di diffidenza quando si parla di esperienza della differenza. Piuttosto persegue da anni l’esperienza della diffidenza, spingendo modelli politici che ricalcano questo tipo di mentalita’ e che si rivelano a malincuore vincenti e persistenti. Lo dice uno che da ex-universitario ed attuale precario ‘in sede’ prova a muovere le cose dall’interno, senza dover essersi necessariamente arrichito di esperienze all’esterno della propria regione, sapendo che l’esperienza la si fa’ sempre con una meta, ma soprattutto con una ‘sede’ stabile.

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