[riceviamo e volentieri pubblichiamo]
In questi ultimi giorni in ogni parte d’Italia la parola che più abbiamo sentito pronunciare è stata “occupazione”; scuole e facoltà che prese dagli studenti hanno costituito ad oggi il fronte più avanzato della protesta contro la riforma Gelmini. Una voce che si è propagata in ogni città del Paese, con una posizione comune e condivisa che ha unito i duecentomila studenti scesi nelle strade a protestare contro lo scempio di questo governo.
I tetti, le aule, i luoghi della conoscenza (pubblica) e della cultura hanno visto sfilare e discutere gli studenti, i ricercatori, i docenti, i rappresentanti di tutti i partiti che si oppongono alla riforma, ma anche gente dello spettacolo e parti di società attiva che hanno portato la loro solidarietà umana e soprattutto civile. Anche a Campobasso, per la prima volta, tutto ciò è avvenuto. Per tre giorni e tre notti la facoltà di agraria è stata occupata da una gioiosa, condivisa, arrabbiata passione di resistenza alla contro riforma Gelmini, scaraventando nelle aule la passione di un conflitto che rimetta al centro di questa società il futuro di questa generazione. Abbiamo fatto assemblee, riunioni, messo musica, condiviso coperte e cuscini, abbiamo aggregato gli studenti dialogando con tutti e riaffermando un principio di solidarietà per troppo tempo sopito, siamo riusciti perfino ad organizzare un corteo di centinaia di studenti che ha simbolicamente occupato la sala del rettorato insieme a professori e ricercatori; siamo stati al passo di quanto sta accadendo in tutta Italia dimostrando che il Molise non è una regione diversa dalle altre, e che qui anche la Gelmini non la vogliamo.
Possiamo dire che questo movimento, molto più dell’ Onda, è stato in grado di aprirsi, di creare condivisione, di riportare opposizione sociale e conflitto tra le rovine di questa Italia allo sfascio, indifferente ed assuefatta. Nonostante tutto, ieri sera (il 30 Novembre 2010, n.d.R.), un governo senza più maggioranza ha emesso forse il suo ultimo latrato approvando alla Camera la riforma Gelmini. Ci saranno molti meno fondi, il precariato dei ricercatori sarà ancora più incentivato, i privati entreranno nei Cda delle università pubbliche e, se queste lo vorranno, potranno trasformarle in fondazioni di diritto privato; crolleranno le borse di studio dei dottorandi e, ad ora, sono già state ridotte del 90 % quelle degli studenti; viene introdotto un criterio di meritocrazia distorto creato per dividere studenti e docenti, e così tanto altro ancora. Potrei continuare all’infinito ma sarebbe inutile. Il punto è che questa riforma non è condivisa, non piace, non è stata discussa, ed è solo un pezzo del puzzle che questo governo sta completando per spezzettare e dequalificare ciò che di pubblico c’è, per dare tutto in appalto ai compiacenti soggetti privati, e questo sulla nostra pelle e sul nostro futuro. Non avremo una scuola decente, non potremo studiare in un’ università di qualità (sarà già tanto non dover tornare ad emigrare per poter studiare legge, medicina o ingegneria) e avremo accesso ad un lavoro precario e indegno. Stanno ipotecando le vite dei ragazzi di questa generazione e di quelle future, e lo fanno chiamando tutto ciò riforma!
La settimana prossima il testo di riforma Gelmini tornerà al Senato e in quei giorni si discuterà anche della fiducia a questo governo. Siamo ad un passo epocale per le nostre vite. Si deciderà se i nostri sogni e ambizioni avranno ancora diritto di cittadinanza in questo Paese o saranno costretti a fuggire via. Per questo in ogni città porteremo avanti le occupazioni, le intensificheremo, continueremo a manifestare. Ogni giorno e ogni ora, a oltranza. C’è ancora una speranza, e abbiamo intenzione di tramutarla in realtà. Il nostro atto d’ amore verso questo Paese è negli slogan urlati dai studenti nelle strade, negli striscioni appesi in ognuna delle aule delle università italiane, nel freddo sopportato sui tetti in nome di una società radicalmente diversa per la quale battersi.
La riforma non deve passare. Sarebbe bello poter dire che non passerà. Di sicuro non la faremo approvare rimanendo inermi, consegnando il nostro futuro a chi lo vuole distruggere. In queste ore continueremo la nostra lotta, con rabbia e coraggio. Siamo tanti, siamo un Paese intero, e fino alla discussione al Senato niente è ancora deciso definitivamente. Per cui avanti tutta, manteniamo le occupazioni e pressiamo ogni ora di più un governo sull’ orlo della precipizio. Possiamo farcela e abbiamo l’ obbligo di provarci.
Al lavoro e alla lotta.
Gian Piero Cesario
Federazione Giovanile Comunisti Italiani – Molise
Collettivo studentesco Link- Alternativa Studentesca