Gli ultimi avvenimenti legati al mondo del lavoro e, in generale, le risposte di classe che in tutto il mondo si stanno attuando in contrasto al regime di austerità imposto dalla governance internazionale, impongono una seria riflessione su come organizzarci in maniera sempre più proficua e determinante
Allo stesso tempo, la sollevazione popolare in Tunisia, gli scioperi dei lavoratori in Serbia, in Portogallo, in Grecia, e in ultimo, ma solo in ordine di tempo, lo straordinario risultato del referendum a Mirafiori, dimostrano che il livello di scontro sociale è alto e soprattutto esteso. I movimenti sono sempre più organizzati e il sistema di repressione messo in atto dai governi imperialisti ha dimostrato, in più di un occasione, di poter entrare in crisi insieme a tutta la struttura del sistema.
Come qualcuno ha fatto notare, tuttavia, in questi casi, la vittoria dei movimenti che spingono verso il superamento di un sistema consolidato, per quanto contraddittorio e obsoleto, è tutt’altro che scontata. Infatti, come la storia insegna, le grandi crisi, laddove incontrino un’opposizione disunita e impreparata possono originare una reazione conservatrice che spinge il movimento ancora più indietro di quanto non si trovasse, e inasprisce le condizioni di vita della classe lavoratrice.
La violenza con cui il mondo imprenditoriale – appoggiato da una classe politica corrotta e distante dalla società civile – sta attaccando il lavoro materiale e cognitivo, offre la misura del disagio e della frustrazione di una classe in declino a cui non resta altro da fare che diffondere la paura per imporre una svolta fascista alla società.
Contro questa terribile prospettiva dobbiamo unirci e far fronte comune. Dobbiamo sviluppare insieme un’analisi teorica attorno alla quale costruire una coscienza comune. La coscienza che lavoratori, studenti, precari, piccoli produttori condividono lo stesso amaro destino stando all’attuale organizzazione sociale e che hanno gli stessi identici interessi in tutto il mondo.
Come dimostra Mirafiori, non sempre la paura vince sulla dignità umana. A Torino si è tentato di imporre un modello che avrebbe dovuto costituire – nelle intenzioni dei nuovi padroncini guidati da Marchionne – la via maestra di tutto il sistema produttivo nazionale.Una strategia che invece di perseguire l’innovazione tecnologica e senza un serio piano industriale punta tutto sulla competizione tra lavoratori, sulla globalizzazione dello sfruttamento, cioè sull’idea di allineare le condizioni di lavoro degli operai europei a quelle dei lavoratori delle aree in via di sviluppo sfruttando cinicamente quella che è una legge irreversibile del capitalismo: lo sviluppo diseguale. Agli operai FIAT è stato chiesto di stipulare un contratto speciale, fuori dal contratto nazionale, in cui di fatto si abolisce il diritto di sciopero, il diritto alla rappresentanza sindacale, il diritto al riposo e alla malattia. Ed è stato chiesto ciò chiarendo che in caso di risposta negativa la fabbrica avrebbe chiuso. O mangi la finestra o ti butti dalla finestra.
Nonostante tutto, la maggioranza degli operai addetti alle mansioni più dure, cioè al montaggio e alla lastroferratura, ha detto chiaramente e decisamente NO.
Un NO che a dispetto delle dichiarazioni di circostanza di Marchionne e dei suoi lacchè, vale molto di più di una semplice dimostrazione. Vale in prospettiva. Parla a tutta la società. Rafforza e amplifica la lotta degli studenti, dei precari, degli immigrati, di chi non ci sta ad abbassare la testa e ad accettare incondizionatamente la politica di lacrime e sangue imposta da chi non conosce neanche il prezzo di un litro di latte.
Parla alla politica e a un sindacalismo di bassa lega che finora ha svenduto il lavoro altrui in cambio di briciole.
Un NO che ha valore assertivo, che chiede alla CGIL il coraggio di indire una volta per tutte lo sciopero generale e chiama uomini e donne all’impegno concreto per costruire una società senza lo sfruttamento.
Tutte e tutti dobbiamo fare la nostra parte, per quanto piccola ci possa sembrare. Il 28 gennaio la FIOM ha indetto lo sciopero dei metalmeccanici e ha organizzato manifestazioni in tutte le regioni.Anche in Molise non staremo di certo a guardare: Giovedì 20 gennaio alle ore 17,30 presso la sala dell’incubatore sociale in via Monsignor Bologna, 15 a Campobasso i Tratturi aderiranno all’appello di “UnitiControLaCrisi” a sostegno dello sciopero indetto dalla Fiom per venerdì 28 Gennaio. Sarà l’occasione per bissare e strutturare il successo del referendum. In quell’occasione sono stati chiamati in causa i lavoratori e le lavoratrici di Mirafiori… ora tocca a noi, è il momento di dimostrare da che parte stiamo.
Paolo Di Lella
Verissimo. Ma non ci culliamo. Hanno vinto sempre i sì, per un sputo e non alla catena, ma hanno vinto. Ora bisogna vedere come si mette per tutto il sistema.
Certo se Ichino continua a dire quello che dice, e con lui tutto il PD, la lotta sarà durissima.
Condivido in pieno la tua analisi, Paoletto. Non bisogna abbassare la guardia contro questa classe politicoindustriale restauratrice.