di Paolo Di Lella
Uno degli articoli più interessanti che ho avuto occasione di leggere negli ultimi tempi è quello di Pietro Colagiovanni apparso sul Settimanale del Molise il 19 Giugno e intitolato “Il dopo referendum: Iorio, Vitagliano e la politica di fiore in fiore”. Nell’articolo si pone l’attenzione sulla strategia da anni coltivata, e ora finalmente posta in essere in maniera palese, dall’assessore regionale alla programmazione Gianfranco Vitagliano. Deve essere veramente una scuola eccellente quella in cui è cresciuto il nostro assessore (quella di Girolamo Lapenna) perché quanto meno gli ha insegnato l’arte di fare politica compiacendo i rapporti di forza reali che via via si determinano nel complesso campo dell’economia, e pazienza se questi si dimostrino antipopolari e nefasti per l’ambiente. Colagiovanni sostiene chiaramente la tesi secondo la quale i poteri forti dell’economia regionale si stiano adoperando per una transizione indolore dall’oramai compromesso sistema iorista ad un nuovo governo di stampo confindustriale, che rappresenti apparentemente un novum ma che di fatto costituisca un esperimento di cogestione amministrativa.
Il giornalista del “Settimanale” tra l’altro fa un esempio che trovo particolarmente pregnante che aveva destato anche la mia curiosità. Si tratta del Salone molisano della comunicazione. Ideato e organizzato da “Il Bene Comune”, la IV edizione del Salone è stata finanziata principalmente dalla Unioncamere del Molise e dal suo “giovane e dinamico presidente” (così lo definisce Ruggeri), Paolo Di Laura Frattura. Evidentemente il Bene Comune deve aver messo solo le idee perché di tutto il resto si è occupato la Camera del Commercio e il suo giovane presidente. Stando all’articolo, proprio Vitagliano è stato tra i massimi promotori della manifestazione. Cerchiamo di capire cosa c’è dietro. Non è un mistero che Vitagliano costituisca l’anello di congiunzione tra il partito degli amministratori del basso molise, gli astri nascenti (e perdenti) del centro-sinistra tipo Fanelli, e rappresentanti “indipendenti” del mondo del commercio come Frattura o della confindustria (v.di Scasserra). Dicevamo di Antonio Ruggeri, direttore del Bene Comune. Proprio quest’ultimo è l’autore di una sintesi teorica dal forte sapore super-liberista. La IV edizione del Salone della comunicazione, quindi, è un classico esempio di quello che questa nuova classe politica intende per sviluppo e innovazione: una commistione tra mondo imprenditoriale, nuove frontiere tecnologiche e comunicazione spicciola e diretta, così come richiesto dalla moderna cultura aziendalista. Il tutto condito da sprazzi artistici trattati però come un “valore aggiunto”.
Una forza coerentemente di sinistra non può sottrarsi ad una analisi che tenga conto della ristrutturazione ideologica dei gruppi economicamente dominanti. Mettendo da parte l’apparenza e la vuota retorica di chi ancora parla di “primato della politica”, dobbiamo prendere coscienza di quali siano le reali forze in campo che ne determinano la prassi.
Anche nel Molise evidentemente valgono le stesse leggi. I poteri forti (dal punto di vista affaristico) scelgono chi gli offre maggiori garanzie dal punto di vista espansivo.
Se la Camera del Commercio e la Confindustria hanno scelto di appoggiare il candidato di centro-sinistra è perché questo è più affidabile rispetto alle loro aspettative.
Il candidato ideale dovrebbe rispondere per lo meno a questi due requisiti:
– essere “uno di casa” (cioè possedere quote societarie o incarichi amministrativi)
– godere di una larga maggioranza trasversale in caso di vittoria alle elezioni
In questo senso, il nome che circola nelle ultime settimane, cioè Paolo Frattura, sarebbe perfetto dal momento che è un “padrone di casa” (è presidente dell’Unioncamere), ed è simpatico anche al centro-destra visto che prima ha sostenuto Iorio nella corsa alla presidenza, poi, nel 2008 era sempre al fianco del governatore nella campagna elettorale per le politiche e per finire, appena due anni fa, era candidato a sindaco di Campobasso, sempre nel centro-destra.
D’altra parte è pure vero, come ben rileva sempre Colagiovanni in un altro articolo uscito il 12 Giugno, che le mire politiche di Frattura non tarderanno a creare malumori all’interno dell’ente camerale. Come dire: la strada è tutt’altro che in discesa.
Insomma la cosiddetta “via istituzionale” altro non è che un involucro politico, una risultante non voluta di forze di varia natura, alcune rappresentanti realtà economiche e affaristiche, altre, interessi di tipo personalistico.
Così non c’è da stupirsi se dopo tutti i dibattiti nati e morti dentro il centro-sinistra, alla fine emerga un candidato “indipendente”. Ma chi studia la politica con serietà e responsabilità sa benissimo che “indipendenza” sta per trasversalismo clientelare. E anche se emergesse all’ultima ora un altro nome, che sia Leva o Romano, poco importa, la strada è segnata e Ruta ne è l’architetto.
Nella nostra regione il sistema di interessi ha raggiunto un livello così avanzato che il campo di forze in atto tende a equilibrarsi nel senso dello stabilirsi di un monopolio politico. In pratica, le forze in campo, hanno compreso che il modo migliore di scongiurare la rottura della rete di interessi economici costituitasi in questi anni, per trarre dalla congiuntura il massimo di profitto privato, è quello di cooperare.
In questa prospettiva si inquadra la politica di Vitagliano. L’assessore regionale, da vero professionista della politica, porta avanti questa strategia oramai da anni anche perché ha fiutato che il vento sta cambiando e dopo la debacle del PDL alle amministrative di Milano (una delle capitali industriali del Nord-Europa), tutto il centro-destra ha le ore contate.
Che cosa deve fare in tutto ciò una forza realmente alternativa?
In primis denunciare la natura opportunistica del trasversalismo di cui parlo; ma non solo, deve anche comprendere che questa politica bipartisan è il prodotto stesso delle richieste di Confindustria la quale non può sicuramente permettersi di sottostare a rigidi schemi ideologici perché deve pensare a difendere il profitto che, stando ai fatti, non è di destra né di sinistra.
Profitto si traduce, anche in molisano, con politiche liberiste per scavalcare anche gli ultimi residui di vincoli posti a chi opera nel mercato. Il che porta con sé la possibilità, o meglio il pericolo, dell’inserimento – ma nel caso del Molise si può parlare tranquillamente di “radicamento” – delle mafie nel tessuto economico e produttivo.
La parola d’ordine deve certamente essere quella del cambiamento ma occorre discutere anche della direzione che gli vogliamo dare…
Per noi cambiamento deve significare: sradicamento delle mafie, politiche del lavoro, diritto allo studio (che comprende anche l’offerta culturale), politiche per l’ambiente. Chi ha orecchie per intendere intenda….