Qualche considerazione sul simposio del Bene Comune intorno ai fatti del 15 Ottobre

Paolo Di Lella – Coordinamento molisano 15 Ottobre

Qualche settimana fa, sul sito de “Il Bene Comune”, è stato pubblicato il video di un’intervista che il direttore del mensile, Antonio Ruggieri, ha realizzato sulla manifestazione del 15 Ottobre scorso a Roma chiamando in causa Federica Ciarlariello in rappresentanza dell’uds, Nino Carpenito dell’Associazione Malatesta, Federica Amatista, giovane lavoratrice chimica, e due esponenti del Pdl che non vale neanche la pena menzionare…

Questo è il link dell’intervista: http://www.youtube.com/user/beneComuneTV#p/a/u/2/eX79fYEO01k

Dopo aver visionato il video non ho potuto fare a meno di buttare giù qualche considerazione che poi ho inviato alla redazione del mensile. Il giorno dopo sono stato contattato da Ruggieri e invitato a rilasciare a mia volta un’intervista che vi ripropongo in coda all’articolo e che dimostra come le mie perplessità in merito alla conduzione dell’intervista e ai relativi contenuti politici fossero tutt’altro che infondate.

Quello che segue è il testo inviato alla redazione.

Ho seguito attentamente il dibattito che il direttore del Bene Comune, Antonio Ruggieri, ha realizzato insieme ai suoi ospiti, sulla manifestazione del 15 Ottobre scorso a Roma.

Mi ha sorpreso, innanzitutto, la scelta di non coinvolgere alcuno tra i rappresentanti del Coordinamento regionale che ha portato avanti negli ultimi mesi le iniziative politiche in avvicinamento alla grande manifestazione del 15. Evidentemente non sono bastate le numerose iniziative pubbliche e azioni dimostrative per guadagnare l’attenzione del direttore… O forse deve aver pensato che le nostre posizioni fossero caratterizzate dall’estremismo o dall’apologia della violenza indiscriminata. O forse semplicemente Ruggieri deve aver temuto la classica voce fuori dal coro che non si accontenta delle analisi di Guido Viale, che non ci sta a sostenere la dicotomia idealistica violenza-nonviolenza e che magari attacca La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Travaglio, Santoro, Bonini, Di Pietro, Saviano e gli altri delatori e promotori di infamie.

Nulla da dire, naturalmente, sulla scelta degli invitati, la maggior parte dei quali stimo come persone degne, piuttosto vorrei aggiungere qualche riflessione in riferimento alle (poche) questioni politiche messe sul tavolo.

Ruggieri introduce l’argomento proponendo subito la sua sintesi: il 15 Ottobre c’è stata una grande manifestazione in cui si è reso protagonista -“ahi noi”- il cosiddetto “blocco nero”. Tutto qui. Per fortuna, poco dopo, la rappresentante dell’Uds chiarisce che la rabbia non è un sentimento esclusivo e che ogni soggettività all’interno di un corteo ha il diritto di esprimerla nella forma che ritiene più adeguata. Federica accenna anche un’importante distinzione tra due momenti diversi della manifestazione, quello di via Cavour, in cui alcuni gruppi hanno agito violentemente e in maniera autonoma (definizioni particolarmente suggestive sulle azioni di questi ultimi sono state espresse da centinaia di sociologetti sessantottini, tipo: estetica del gesto, nichilismo, etc..), e la risposta diffusa e di massa con la quale in migliaia hanno respinto l’attacco della polizia a S.Giovanni e nelle strade limitrofe. Ma, come dicevo prima, il ragionamento è solo accennato… Un altro squarcio di luce ce lo regala Nino Cerpenito dell’associazione Malatesta il quale finalmente pone le domande più importanti del mondo: “perché la violenza?”, “chi sono i violenti?”. Queste semplici ma intelligenti questioni colgono il cuore del problema e aprono una breccia nel teorema accademico e ipocrita della nonviolenza. Violento è il sistema che nega il futuro a intere generazioni e violenta è la risposta di giovani disperati derubati di ogni prospettiva, violenta è l’ostentazione di privilegi da parte di un manipolo di parassiti che siede in un parlamento sotto ostaggio della mafia finanziaria e violenta è la reazione dei manifestanti alle cariche della polizia. Causa ed effetto. Sic et simpliciter. Certo, possiamo anche porci la domanda se la devastazione di automobili e vetrine da parte di piccoli gruppi isolati possa costituire un reale avanzamento per il movimento, e la risposta è che tra un atto di ribellismo e un’azione rivoluzionaria c’è un lungo processo di acquisizione di coscienza all’interno della lotta di classe e che in questo processo – come in tutti i processi materiali – l’errore è fisiologico. Ma anche in questo caso, piuttosto che perdersi in stucchevoli piagnistei per qualche bancomat “pugnalato”, per la madonnina sfasciata o per i covi di usurai dati alle fiamme, sarebbe molto più utile indagare le contraddizioni nel movimento. Sarebbe molto più utile individuare le responsabilità politiche. Ma tutto ciò – lo capiamo – risulta molto scomodo ai tifosi delle rivoluzioni lontane, che poi inorridiscono alla sola vista di un servizio d’ordine o di compagni organizzati per l’auto-difesa.

Certo, non deve essere stato facile per gli antiberlusconiani doc avere assistito al tracollo del loro piano: trasformare il corteo in una passerella festante con lo scopo malcelato di far passare il tutto dentro alla dinamica girotondina/popolo viola di una manifestazione contro Berlusconi (certamente non contro il berlusconismo) e  consacrare Vendola e compagnia bella come i nuovi salvatori della patria. Se tutta la sinistra, da Sel alla Fiom, passando per gli ex Autonomi/Disobbedienti del Nord Est, partecipa con rinnovato vigore alla caccia alle streghe dichiarata da Maroni ma invocata anche da campioni del centrosinistra come Di Pietro, ciò evidentemente la dice lunga sul nervosismo di una parte del movimento che si prepara a partecipare al prossimo governo che gestirà il ciclo di privatizzazioni ordinato dalla BCE, e il quale sa benissimo che non potrà farlo se prima non le sarà riuscito di rinchiudere il dissenso nel recinto di compatibilità istituzionale.

Le responsabilità politiche, quindi, di ciò che è avvenuto a Roma il 15 Ottobre  vanno sicuramente individuate nell’arretratezza di quella parte del movimento le cui mire governiste hanno portato il corteo lontano dai centri del potere, lontano dai Palazzi, lasciando che la rabbia sacrosanta dei compagni si scagliasse su ciò che trovava per strada. In questo senso è stata un’occasione persa… meglio sarebbe stato convergere sul Parlamento, se non altro per quello che esso ancora esprime: l’ostentazione ossessiva del privilegio e del lusso di fronte un paese in ginocchio.

La vera discriminante che distingue chi lotta tutti i giorni dai parolai e pennivendoli della sinistra opportunistica sarà d’ora in poi l’accettazione delle nuove forme di radicalità che emergeranno dalle ceneri di in un sistema ormai giunto alla fine. Il resto è noia.

Vi propongo, ora, il video della mia intervista, rilasciata in qualità di rappresentante-del-movimento-nominato-dal-movimento, che, per la verità, sembra più un interrogatorio, con tanto di ramanzina moralistica: http://www.youtube.com/user/beneComuneTV#p/a/u/0/Ffh0OdA-wRg

Tutto ciò dimostra – se mai ve ne fosse ancora bisogno – a cosa veramente conduca l’ideologia del “pacifintismo” con tutto il suo corollario di superstizioni, luoghi comuni e pregiudizi.

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