I Nemici della Campagna

Quella che voglio raccontarvi è una tipica storia dell’agro basso-molisano. E’ una storia di imbrogli, connivenze e ipocrisie.

Inoltre è una storia collettiva, che coinvolge centinaia di agricoltori che giorno e notte, bestemmia su bestemmia, lasciano sangue e sudore sulle zolle arse dai veleni che sono costretti a versare nei loro campi.

La vicenda ha inizio alcuni anni fa, era il 2008, quando nel corso dell’estate, giornata dopo giornata, le mietitrebbie riempivano i camion di grano sui cigli delle provinciali tra Larino e Casacalenda. I tir, una volta assicurato il carico, partivano alla volta dei depositi a loro indicati, scaricavano e tornavano indietro. Uno di questi depositi è quello del Consorzio Agrario. E di questo voglio parlarvi.

Qui il grano scaricato, dovutamente pesato, è ammassato nei silos, tant’è che storicamente il deposito di questo Consorzio, un dì pubblico, era detto Ammasso.

Il Consorzio, in quanto consorzio, ha il compito di vendere il grano così raccolto ai commercianti/grossisti nella speranza che, gestendo enormi quantità di prodotto, abbia una forza contrattuale maggiore del singolo contadino. Per fare ciò, riguardo il grano, dispone di due strumenti. O paga immediatamente agli agricoltori un prezzo poniamo di 20€ al quintale, lievemente inferiore a quello di mercato, che diciamo sia di 23, ma che poi successivamente sarà integrato (a gennaio dell’anno seguente, quando effettivamente il grano sarà venduto e il prezzo di norma aumentato diciamo a 24); oppure paga il prezzo vigente in quel momento (nell’esempio 23€) e chiude lì la questione, senza acconti e senza altri pensieri.

Di solito, chi vive l’agricoltura – per vivere di agricoltura – preferisce la prima strada, in quanto pur se i tempi risultano piuttosto dilatati il guadagno è maggiore e poi il Consiglio di Amministrazione del Consorzio, in ogni caso, spinge i propri consorziati a lasciare un certo margine operativo sulle politiche di vendita. Tale margine è rappresentato proprio da quella lieve differenza di prezzo all’ammasso.

Detto questo, la notizia è che qualche tempo fa gli agricoltori si sono scoperti inspiegabilmente indebitati con il Consorzio Agrario di Larino per il grano consegnato nel 2008. Il Consorzio ha mandato raccomandate a tutti loro dicendo che, per errori non meglio precisati, devono dare indietro 12 dei 24 € per quintale allora venduto. Cioè, in altre parole, quattro anni dopo si sono accorti di aver pagato quel grano il doppio. Senza contare che il grano non è mai sceso sotto i 18€/q negli ultimi anni.

Davvero un episodio strano.

Per questo, non riuscendo a comprendere la situazione, ho chiesto ad alcuni agricoltori che il giorno stesso che hanno ricevuto la lettera sono corsi dal Presidente a chiedere spiegazioni.

Mi hanno detto che innanzi tutto il Presidente ha ribadito che l’errore c’è stato e loro devono ridare indietro i soldi, punto. Non c’entra niente che in questo modo quell’annata di produzione, quattro anni dopo, risulta in perdita.

Ovviamente gli agricoltori si sono opposti dicendo a questi di sognarsi che loro diano indietro 2-3-4000 €. Semplicemente perché non li hanno!

A questo punto il Presidente ha colto la palla al balzo dicendo che, se volevano, lui stesso si stava occupando di intraprendere un’azione legale per non farli pagare alla quale potevano ancora partecipare. Ma come? Mi son detto. Che vuol dire che sta intraprendendo un’azione legale collettiva contro una delibera da lui stesso approvata?!?!

“Ma se è un Sindacalista!!!!!” mi hanno risposto. “Certo! Il presidente del Consorzio è un sindacalista. E tutto il resto del Cd’A è targato Coldiretti (il sindacato maggioritario del mondo agricolo). In questo modo si spiega tale situazione. Il Consorzio Agrario quell’anno ha promesso e poi pagato di più il grano, attirando così un maggior numero di agricoltori”.

Per accaparrarsi quote di mercato dicono i libri, politica del tutto lecita, beninteso.

“Il problema è che oggi vorrebbero far pagare il prezzo delle loro scelte politiche a coloro i quali scelsero di ammassare il grano presso il Consorzio, proprio in virtù del maggior ricavo atteso!”.

Aberrante.

Poi se prendiamo per buona l’idea del ricorso come pensate che possa andare a finire?

Una prima soluzione è che il Cd’A vince e gli agricoltori devono pagare. Alternativamente è il sindacato a vincere, il Consorzio deve pagare le spese processuali, ma essendo questo in ogni caso finanziato con i soldi degli agricoltori, il conto sarà saldato comunque da questi ultimi.

Geniale no?!

 

Personalmente ritengo che questa vicenda possa far capire a chi non conosce, neppure superficialmente, la realtà agricola del Molise, quale possa essere la natura dei problemi che l’hanno portata ad oggi sul ciglio del burrone.

Gli agricoltori per vendere i propri prodotti devono affidarsi ai consorzi, i quali non sono gestiti secondo la logica della razionalità economica e della difesa degli interessi dei consorziati. Se poi vanno a bussare alle porte del sindacato ritrovano gli stessi personaggi che agiscono secondo le medesime logiche. In ultima istanza l’intreccio di parentele e clientele elettorali dei sindacalisti -molti dei quali si occupano esclusivamente di gestire belle fette di elettorato con i “favori” elargiti dall’interno dei luoghi di potere che occupano- ha fatto si che per anni la gestione delle politiche agricole sia stata concertata tra questi ultimi e la putrescente politica dei palazzi campobassani.

Per questa via hanno drenato larga parte dei benefici economici che spettavano ai lavoratori del settore agricolo, attraverso becere architetture, in pieno stile democristiano. Cosicché, oggi che vi è necessità di ristrutturare il sistema economico e i modi di produzione, non ci sono più i mezzi finanziari per farlo. Anzi, gli agricoltori, strozzati dai debiti, vendono le proprietà. E le banche e altri istituti accumulano, accumulano, accumulano.

Ma l’agricoltore senza terra che ne farà della propria vita?

O trova un lavoro in città.

O campa della misera pensione accumulata.

O si fa campare dai figli che hanno un lavoro in città.

O… finalmente prende coscienza di essere stato burattinato. Prende coscienza che il sistema economico sociale non è immutabile e eterno come quello biologico e climatico e che se le cose succedono, ci sono precise cause e precise responsabilità. Prende coscienza che la sua vicenda non è dissimile da quella del suo vicino e che solo attraverso il mutuo soccorso e l’azione collettiva è possibile ridefinire le dinamiche che da sempre lo vedono costretto alla schiavitù, al servilismo e all’esclusione sociale.

 

Che sia la volta buona che una parte tanto rilevante della società molisana si scrolli di dosso l’ipocrisia del potere?

Lo spero, ma nel frattempo, da figlio di agricoltore, ho scelto la strada della migrazione e resterò al di fuori del confine, finché non vedrò rompersi le catene mentali che legano le vite dei lavoratori lontano dalla propria dignità.