Sommario. Il dibattito pubblico sull’immigrazione è fermo sul tema della sicurezza. La sinistra al massimo riesce a esprimere un vago sentimento della “solidarietá” e ha rinunciato del tutto ad affrontare il tema economico di fondo: perché emigrano? Se si vuole evitare una guerra tra lavoratori italiani e stranieri c’è bisogno di smascherare i mali della globalizzazione economica, contrastare la libera circolazione dei capitali e costituire un diritto globale alla migrazione.
Quasi nessuno ne ha parlato ma in quest’autunno si é tenuto a Quito un appuntamento di rilievo internazionale p
er i movimenti sociali. Nella capitale peruviana si é svolto infatti, dall’8 a al 12 ottobre il Social Forum Mondiale sulle Migrazioni, un’ appuntamento che ha provato a costruire una nuova agenda politica sul tema delle migrazioni e dei diritti globali. Il lavoro avviato a Quito culminerá nel Social Forum Mondiale che tra poche settimane si terrá in Senegal dove verrá approvata una Carta Mondiale dei Migranti, un documento che rivendicherá il diritto alla libera circolazione dei cittadini, l’uguaglianza dei diritti e l’opposizione alle politiche neoliberiste che sono la causa della povertá nel Mondo. Sono discorsi, questi, che fuori dall’Europa sono al centro delle riflessioni politiche dei movimenti ma che purtroppo non vivono piú di quasi nessuna attenzione delle forze politiche di sinistra italiane tanto da far sorgere il dubbio che abbiano definitivamente rinunciato ad affrontare il tema perché vissuto con sofferenza dall’elettorato. Il problema è che anche quando é costretta ad esprimere pareri la sinistra si limita ad alternare un atteggiamento “sceriffesco” che prova a inseguire i temi dettati dalla Lega Nord o un solidarismo che appare spesso insufficiente. É possibile invertire la rotta e tornare a porre al centro del dibattito politico un tema che riguarda piú di 200 milioni di persone senza limitarlo alla sicurezza e alla paura? La sinistra italiana, che dieci anni fa durante una breve ma felice stagione si dimostró capace di analizzare i problemi locali in chiave globale, non puó pensare di continuare ad ignorare il tema e di non ricostruire una relazione con le forze progressiste dei Paesi di forte emigrazione, pena un’incapacitá ancora maggiore di capire i processi globali.
Se c’è una lezione da trarre dallo scorso autunno di lotte di operai e studenti è che non c’è piú tempo da perdere nella costruzione di un movimento di alternativa a livello internazionale. Il tema é emerso chiaramente sul caso Fiat dove é chiaro che le battaglie dei lavoratori italiani, serbi e polacchi sarebbero piú forti se vedessero una unitá di classe che travalichi i confini nazionali. Allo stesso tempo é chiaro che se non si contruisce una lotta comune a livello globale sul tema delle migrazioni i dibattiti politici nazionali resteranno impastonati sulle politiche della sicurezza e della caritá e gli stessi lavoratori resteranno divisi perché percepiranno gli immigrati come una minaccia. Una sinistra degna di questo nome dovrebbe essere capace di costruire a livello internazionale due battaglie fondamentali: la prima per il controllo dei movimenti di capitale, facendo percepire ai lavoratori di tutto il mondo che la causa dell’abbassamento dei salari non é dovuto alle migrazioni ma alla globalizzazione economica mentre l’altra dovrebbe essere per la ratifica della Convenzione Onu sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti. Si tratta di un testo del 1990 non ratificato dai Paesi europei e che imporrebbe standard minimi di diritti ai lavoratori migranti regolari e irregolari. Perché non sfidare l’ipocrisia europea su questi temi? D’altronde si tratta solo di ripetere cose –a cui si potrebbe aggiungere la richiesta di abolizione della legge Bossi-Fini- che i movimenti sapevano dire benissimo a voce alta fino a una dozzina di anni fa.
Nicola Tanno