1° Marzo 2011…un anno dopo

Dopo l’imponente manifestazione del 1° marzo dell’anno corso, che ha visto scioperare fianco a fianco in tutta Italia lavoratori italiani e lavoratori migranti, e li ha visti marciare insieme per dire NO al razzismo, alla legge Bossi-Fini, ai CIE, al pacchetto sicurezza, in direzione di una società multirazziale, anche quest’anno il Comitato, che da quel colorato 1° Marzo si è formato, ha organizzato manifestazioni e presidi in tutta Italia.

A Campobasso, in particolare, la manifestazione di piazza prevista è stata spostata, per motivi di maltempo, nella Sala della Costituzione della Provincia che in tanti hanno riempito, migranti e non, istituzioni, cittadini, studenti, giornalisti. Ci sono state testimonianze da ogni parte del mondo: Cuba, Marocco, Argentina, Kurdistan, Tunisia….

Lazzaro, cubano, da due anni in Italia, ha avuto una bambina da due mesi. Essendo nata in Italia i cubani non le riconoscono la cittadinanza, ma essendo figlia di entrambi i genitori cubani, gli italiani fanno altrettanto, non riconoscendola cittadina italiana. La bambina è apolide. L’appello che è stato rivolto è per il diritto della piccola ad avere una cittadinanza, e nella fattispecie una cittadinanza italiana perché è nata in questa terra.

Murad, tunisino, da poco tempo in Italia, non ha parlato di quello che sta accadendo al suo popolo, ma si è limitato a sottolineare la gentilezza dei campobassani che lo stanno affiancando nel suo percorso di ricerca di un lavoro che si confaccia alle sue competenze.

Hikmet, lo stimato e ormai conosciuto amico di tanti molisani, proviene dal tormentato e dilaniato Kurdistan ed è rifugiato politico in Italia da più di sei anni. Ricorda quanto sia stata positiva per lui e la moglie Mensure l’accoglienza in Molise, dove il razzismo sembra non comparire affatto. E per questo, sottolinea, occorrerebbe far conoscere questo Molise, che lui sente ormai anche come ‘suo’, al di là dei confini regionali come un bell’esempio di territorio multiculturale. E tuttavia anche qui non mancano le pecche. Come il lavoro nero, scarsamente denunciato, e che invece dovrebbe essere giudicato un crimine al pari di altri.

Daniel si è trasferito dalla Romania e da cinque anni vive e lavora a Campobasso, nel settore edile. Ringrazia in particolare i Sindacati che gli hanno insegnato le leggi e i diritti dei lavoratori, con i quali difendersi dai soprusi in agguato ad ogni angolo.

Il marocchino Mustafà vive da ben trentaquattro anni in Italia. Dalla provincia di Foggia si è trasferito negli anni ’80 in Molise. Ringrazia i Molisani tutti per l’accoglienza.

La combattiva Araceli, argentina, molto impegnata nel Movimento del 1° Marzo, rivolge un appello alle istituzioni presenti in sala: il Vice Sindaco Cimino, il Presidente della Provincia Nicola D’Ascanio, l’assessore al Lavoro del Comune di Campobasso Gigino D’Angelo, l’Assessore alla Cultura Nicola Occhionero. In particolare chiede loro che sia trovato uno spazio dedicato alla preghiera di chi non è cattolico, un punto d’incontro, insomma, un locale in cui ritrovarsi e innalzare lo spirito ciascuno verso il proprio Dio.

Adelmo Di Lembo, una della anime del Comitato Primo Marzo, a cui fanno riferimento tante associazioni molisane, parla del dialogo che in questo anno era stato in parte aperto con le Istituzioni ma che poi si è arenato. Illustra i progetti: in primis la realizzazione della “Casa delle Culture”, che aspira a divenire un luogo d’incontro e di conoscenza tra culture diverse; l’approvazione del regolamento attuativo per l’elezione del “Consigliere aggiunto” al Comune di Campobasso, in rappresentanza dei cittadini immigrati. E a tal proposito sollecita il Comune di Campobasso che ha interrotto il dialogo per motivi burocratici proprio nel momento in cui sembrava esserci una bozza di tale regolamento. Infine fa riferimento alla proposta di una “Carta dei diritti e della convivenza democratica” che, in linea con il Movimento del 1° Marzo presente in tutta Italia,  comprende richieste per facilitare il permesso di soggiorno agli stranieri, richieste di figure chiave quali i mediatori culturali e richieste di luoghi di aggregazione che mirino all’integrazione e al superamento dei luoghi comuni contro gli stranieri ancora così presenti, spesso sotto forma di pregiudizi, in Italia.

Dopo le testimonianze dei vari migranti e le richieste da parte dei promotori del Comitato 1° marzo alle Istituzioni, sono proprio queste ultime a prendere la parola, nella persona del Vice Sindaco di Campobasso Cimini e del Presidente della Provincia di Campobasso Nicola D’Ascanio.

Il primo insiste molto sull’importanza dei migranti come risorsa positiva del nostro piccolo territorio, e si lancia in una serie di promesse che a sua detta saranno presto realizzate. La Convenzione per la “Casa delle Culture” in Vico Carnaio n°15, dice, verrà presto firmata. Sarà presto ripreso il discorso sul Consigliere aggiunto e sottolinea come il Comune di Campobasso è il capofila di un progetto che tratta di “convivialità delle differenze attraverso interventi ed iniziative che favoriscono il dialogo”. Seguono poi altri tre progetti affini. Aggiunge poi come la possibilità di creare strutture per ospitare migranti bisognosi rientri già nel Piano comunale triennale delle infrastrutture campobassane.

Il Presidente D’Ascanio sottolinea come durante questa serata la platea e gli ospiti rendano omaggio alla neo-sala della Provincia che porta il nome di “Sala della Costituzione”. Anche lui non è da meno al collega precedente nelle promesse. Suggerisce che Comune e Provincia di Campobasso si uniscano insieme per garantire la presenza di una sala per pregare, come richiesto precedentemente da Araceli, ed auspica che questa iniziativa sia di risonanza culturale per l’intera cittadinanza. Insiste sull’importanza istituzionale di trasformare la cultura dell’accoglienza in cultura di unione e di integrazione, attraverso l’opera congiunta sia di Comune che di Provincia e di tutti i Comuni del Molise, affinché operino insieme per il ripopolamento del territorio e per la sua rivitalizzazione.

Le parole di Don Antonio di Lalla, combattivo parroco di Bonefro, che da sempre ha una particolare attenzione per le tematiche dell’immigrazione, lo mostrano preoccupato per la tragedia che sta attraversando in questi giorni il Mediterraneo, ed altrettanto preoccupato per le parole del Ministro Maroni la cui unica preoccupazione, dal canto suo, pare sia lo sbarco di un milione di immigrati in territorio italiano. Conclude dicendo che siamo tutti parte di un unico mondo. Occorre dunque cercare di non ingannarsi con le promesse.

L’intervento del professor Franco Novelli, presidente dell’Associazione “Libera” Molise contro le Mafie, evidenzia la presenza di due Italie, tristemente contrapposte: da un lato quella dell’ospitalità, dei lavoratori, delle associazioni che accolgono i bisognosi, della quotidianità e da un lato un’Italia molto diversa, quella che parla di Federalismo e fiscalismo territoriale che, così come viene presentato oggi, non può che dividere gli italiani, annientando la figura del cittadino. In una sorta di ottica perversa, toglie al povero per dare al ricco. Ma è stando insieme e uniti, invece, sottolinea Novelli, che siamo capaci di richiedere maggiori garanzie per tutti. La legge che criminalizza i clandestini criminalizza anche noi, nel senso che ci depaupera del nostro bagaglio di civiltà. Il nostro bisogno è il loro bisogno. La delegittimizzazione delle regole costituzionali a danno degli immigrati va anche a danno degli Italiani. È lo stare insieme, invece, che oggi dà la forza. È questo il senso. C’è un’Italia che ammazza la legge, e ci poi ci siamo noi, che chiediamo alle Istituzioni di ascoltare la gente, le persone. La sofferenza dei migranti è la nostra sofferenza.

Quest’Italia diversa non guarda all’Africa con la concupiscienza con cui si guarda “un posto al sole”, ma con solidarietà, con con-divisione.

Questa è la stagione della semina. E anche se sono anni che attraverso la lotta non ci stanchiamo di seminare, conclude Novelli, continueremo a farlo.

Il Mediterraneo è la nostra radice comune e di comunanza nei nostri destini.

Marinella Ciamarra