Comunicazione “del e per” il Molise

Tutto ciò che nasce presuppone un’esigenza e, nei migliori dei casi, custodisce in sé una potenzialità di miglioramento per l’ambiente in cui si svilupperà.

Quando per ambiente intendiamo una comunità umana, l’esigenza che si impone ineluttabilmente è quella di creare dei rapporti umani qualificanti per gli individui che la compongono. In tutto ciò la Parola assume un’importanza centrale. “La Parola ripara”, diceva Sartre. La Parola, tuttavia, non basta. C’è una regola che deve cullarla: la rettitudine; e la rettitudine per la parola è la verità, il rispetto coerente e severo dell’oggettività dei fatti.

I fatti possono essere raccontati in maniera veritiera o meno, ma c’è anche una terza via, se vogliamo più meschina della menzogna, per via della sua opacità, che consiste nell’omissione del fatto stesso se non del suo svilimento compiuto attraverso più o meno complicate tecniche giornalistiche. Si evita di raccontare un fatto, per paura o per convenienza, o per compiacere il potente di turno. Omettere la verità o falsificarla, però, non è una scelta come un’altra… la libertà di ciascun individuo, infatti, non consiste solo nel poter effettuare una scelta piuttosto che un’altra ma nel poter decidere con consapevolezza. Ora, si dà il caso che una persona poco informata o male informata non sia veramente libera di effettuare una scelta giacchè non vi è una reale comprensione del problema, non si conoscono i pro e i contro, o peggio ancora si scambiano i propri pregiudizi per conoscenza.

Se si tiene presente quanto detto, si capisce anche quanto conti per il potere la gestione dei mezzi di informazione, o meglio: quanto conti per un gruppo al potere avere il controllo dei mass media. Se poi il gruppo al potere è espressione, a sua volta, degli interessi di una classe privilegiata, allora praticamente ci troviamo di fronte ad un regime oligarchico dove la democrazia è soltanto l’involucro politico adatto a esprimere le esigenze e le rivendicazioni della pluralità di gruppi in concorrenza tra loro in un mercato che ci si ostina a credere libero.

Nella società odierna avviene esattamente quanto appena descritto. Il sistema di produzione dei beni materiali è così irrazionale da rendere necessaria una sovrastruttura politica che abbia il compito di stabilire un’egemonia culturale funzionale al sistema e di reprimere tutto ciò che resiste a questo piano diabolico. Va da sé, quindi, che si venga a creare una contrapposizione tra il piano dell’oggettività e quello della funzionalità sistemica, e questo ha una sola spiegazione: se un sistema genera diseguaglianze e non si fa niente per manipolare le coscienze di chi è escluso dall’accumulazione dei profitti, il sistema sarà destinato a dissolversi per effetto dell’opposizione di questi ultimi.

Chi ha compreso questo, non può rassegnarsi all’idea di vivere per sempre in queste condizioni! Comprendere il mondo deve accompagnarsi con il desiderio di evoluzione e di progresso universalmente intesi.

È una dura lotta, però, bisogna ammetterlo… Non è ancora sufficiente, infatti, prendere coscienza della situazione e cercare di emanciparvisi spirirualmente perché il compito stavolta è più alto: si tratta di studiare con passione ogni singola contraddizione che si manifesta in qualsiasi posto, che sia una metropoli o una comunità montana, ma per fare ciò bisogna essere all’altezza, non abbassare la guardia, scambiarsi informazioni, diffonderle il più possibile, lavorare per la mobilitazione sociale. Come? Noi crediamo, che il nostro Molise sia coinvolto ormai da anni in questo processo di decadenza. Vogliamo appunto, nel nascente blog, occuparci di quei settori in cui le falle sono ormai evidentemente preoccupanti e vogliamo fare ciò non prima di aver creato dei ponti stabili con tutte le organizzazioni, i comitati, le singole sensibilità che lavorano sul territorio contro il degrado lavorativo, ambientale, culturale, morale. Ci vogliamo occupare di queste tematiche non per velleità intellettualistica, ma con in mente un proggetto ben più lungimirante per quanto arduo: la creazione di un Movimento popolare che, forte della sua elaborazione teorica, costituisca nella nostra regione un muro “resistente” alla corrosione del capitalismo.

Cominciamo dal blog, estendiamo la rete delle nostre conoscenze, ampliamo il dibattito, creiamo nuovi spazi per condividere le nostre idee, restiamo uniti e… vediamo cosa accade!

Paolo Di Lella

4 risposte a “Comunicazione “del e per” il Molise”

  1. …Molto umilmente di fronte a questo terrificante e quasi inquietante sfoggio di Ortodossia, vorrei segnalare al Compagno Di Lella che dal 1845 molte cose sono accadute e molto è stato scritto…

    Altro che assurdità “senza precedenti”, Paolino…

    Tesoro, certe volte mi pari completamente fuori di testa, e come spiegare ai nostri lettori che ti voglio bene lo stesso nonostante tu appaia completamente dimentico di qualsiasi elaborazione politica marxista non ortodossa, completamente impermeabile a qualunque dato della realtà contemporanea, e soprattutto nonstante il tuo tono insopportabile?

    Questo è Paolo, che piaccia o no.

    Compagni, compagne, abbiate pazienza con lui…

    Come ho detto, mi spiegherò meglio in un futuro articolo, se Sua Ortodossia permette.

    take it easy, gente

  2. Cara Alessia, grazie per aver commentato il mio articolo.
    Quando ho letto il tuo commento, devo confessarti di essere rimasto abbastanza sbigottito: mai e poi mai avrei immaginato di dovermi difendere dall’accusa di dogmatismo metafisico.
    Tanto più che tale accusa nasce dall’uso che ho fatto nel mio articolo, di due parole: oggettività e verità.
    Cerchiamo di fare chiarezza sul significato di questi due termini. L’oggettività non è altro che la proprietà dell’oggetto consistente nell’essere ciò che è, ovvero l’entità percepita dal soggetto come distinta da sé. In poche parole è il presupposto della conoscenza scientifica. La verità non è in alcun modo una proprietà intrinseca negli oggetti ma è un processo materiale umano che si identifica nello sforzo che l’uomo compie per stabilirla e, una volta stabilita, avanzarla e superarla dal suo interno. Non si può parlare,quindi, di “fedeltà alla verità” almenochè non si voglia intendere con questa espressione la dedizione alla ricerca. La verità non è un concetto astratto, ma una tensione inesauribile. Le verità assolute sono invece la materia dei teologi nella quale non intendo addentrarmi per non sprecare il mio tempo rivoluzionario in dissertazioni intellettualistiche.
    Dire che l’oggettività e la verità, così intese, non esistono, non ha alcun senso ed è un’assurdità senza precedenti. A dire il vero, io non credo che tu volessi negare la realtà, ma anche se non volevi intendere quello che hai detto, ormai il dado è tratto, ed è tanta la confusione generata dal tuo intervento che mi trovo costretto a ripetere cose che tutti conoscono.
    In realtà la mia risposta potrebbe anche chiudersi qui, essendo l’equivoco praticamente risolto, tuttavia voglio approfittare di questa occasione per chiarire alcuni aspetti legati alla teoria gnoseologica del materialismo dialettico da sempre oggetto di distorsione da parte, non solo dei detrattori del marxismo, ma anche da chi cerca invano di far coesistere questa filosofia con il solipsismo e con l’idealismo soggettivo.
    Continuando a scorrere l’intervento di Alessia si legge: “nessuno/a di noi può essere oggettivo/a perchè fortunatamente nessuno di noi è Dio e ognuno di noi occupa una posizioone (culturale, di classe, di genere, fra le altre cose) che inevitabilmente limita la sua visione” .
    Sul fatto che “nessuno di noi è Dio” c’ero arrivato anch’io (forse la rima è un po’ pacchiana). Sul fatto, poi, che “ognuno di noi occupa una posizione che limita la sua visione” (e qui la rima è di Alessia)… Che dire… Grazie! L’errore è sempre quello originario che condiziona negativamente tutto l’intervento, ed è quello di confondere il termine “oggettivo” (che si riferisce all’oggetto e solo secondariamente al soggetto), con il termine “imparziale” (che si riferisce al soggetto). Inutile poi commentare la tesi secondo la quale “Dio è oggettivo”.
    Il marxismo, sostenendo che la natura preesiste all’uomo, è tuttavia lontanissimo dall’attribuire alla conoscenza umana un carattere definitivo, ma sostiene appunto il rapporto dialettico tra soggetto e oggetto e si scaglia senza pace tanto contro l’intuizione quanto contro la concezione statica dell’oggetto.
    Nel 1° cap. intitolato “L’oggettività della attività umana” delle “Tesi su Feuerbach”, Marx scrive: “Il difetto capitale di ogni materialismo fino ad oggi – compreso quello di Feuerbach – è che l’oggetto (Gegenständ, oggetto nel senso integrale di ‘ciò che sta di fronte’), la realtà, la sensibilità (il sensibile), vengono concepiti solo sotto la forma dell’obietto (Objekt, oggetto, nel senso statico e limitato di ‘ciò che viene proiettato fuori dal soggetto’) o della intuizione (cioè della sensibilità puramente teorica, e della ricettività passiva); ma non come attività umana sensibile, prassi; non soggettivamente”.
    Marx conclude con le Tesi la sua ricerca e la sua impostazione critico-gnoseologica attorno alle problematiche della natura (l’insieme di tutto ciò che è) e dell’essere umano, risolvendo una volta per tutte, attraverso la mediazione dialettica dell’attività umana sensibile, della prassi, la questione della priorità e del rapporto fra soggetto e oggetto.
    L’oggetto diventa, quindi, estremamente dinamico, tanto da trasformarsi da “oggetto in sé” a “oggetto per noi”.
    L’attività dell’uomo diventa anch’essa oggettiva (v.di Manoscritti economico-filosofici) dando luogo a oggettivazioni altrettanto concrete quanto quelle esterne.
    L’uomo cioè non si limita a contemplare le cose che gli stanno intorno e a riflettere in termini astratti e speculativi su di esse, bensì agisce, e con la pratica e attraverso di essa muove ed elabora anche il proprio pensiero. 

Egli non si limita ad un passiva percezione e intuizione del mondo oggettivo, esterno e immutabile. Con lo sviluppo dell’attività sensibile, e quindi pratico-oggettiva, si inserisce in un processo storico di conoscenza della realtà costruendo il proprio mondo e il proprio ambiente.
    Accennando alla “realtà”, al “potere” e al “carattere immanente del pensiero” che vengono “provati” e dimostrati dall’uomo attraverso la prassi, Marx assegna all’analisi teoretica un carattere attivo pari all’agire pratico in ogni campo quando essa si muove appunto non più nell’ambito ritenuto autonomo della speculazione astratta, e da cui possono derivare solo conclusioni soggettivistiche e arbitrarie, bensì della realtà e della esperienza umana e quindi si traduce in capacità di conquiste e trasformazioni concrete per l’uomo anche a livello sociale. La conoscenza stessa è dunque attività umano-sensibile e non un impotente autoriflessione, una scolastica metafisica.
    Da qui, Alessia, l’idea di “evoluzione” e di “progresso” che costituiscono – ma questa è un’ovvietà – lo scopo dell’agire umano.
    Questo è il marxismo, che piaccia o no. Ovviamente tutto ciò comporta prendere una posizione, che però non è determinata da una scelta ideologica ma dal grado di coscienza di classe che ciascun individuo ha sviluppato nel corso della propria esistenza.
    Non c’è spazio per gli scettici, il proleteriato, in questo determinato periodo storico, è la sola classe progressista, e non perché abbia qualità “trascendentali” ma perché la società senza classi è la condizione necessaria per il massimo sviluppo delle forze produttive.

    Paolo.

  3. Paolo, io sono un po’ diffidente verso parole e concetti come “verità”, “oggettività” e “evoluzione” e “progresso universalmente intesi”, sia per la mia piccola esperienza di giornalista, di antropologa e di femminista che per la mia formazione teorica e politica.

    Diffidente… forse è meglio dire repellente.

    Più che nella fedeltà alla “verità”, credo in un onesto riconoscimento della propria parzialità, perchè il problema non è la parzialità in sè – nessuno/a di noi può essere oggettivo/a perchè fortunatamente nessuno di noi è Dio e ognuno di noi occupa una posizioone (culturale, di classe, di genere, fra le altre cose) che inevitabilmente limita la sua visione – il vero problema è nasconderla e rifutarsi di riconoscerla e metterla in questione.

    Il che NON implica l’impossibilità di conoscere e di agire, non ci rende piccoli e impotenti, al contrario di quanto possa sembrare: la critica postcoloniale, il femminismo, focault dovrebbero averci insegnato qualcosa in proposito… (tutte correnti di pensiero che devono molto al marxismo, tranquillo 😉

    Credo anche che i motivi della manipolazione mediatica siano un po’ più complessi, e che sia più complessa anche la struttura del potere e dei suoi rapporti con l’economia e con la cultura.

    Ma tutto questo sarà oggetto di un prossimo post.

    besos
    alessia

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