…e alla fine fu il buco

Il Sistema Sanitario Regionale del Molise è in rosso. E’ una verità incontestabile con la quale tutti i cittadini molisani hanno avuto a che fare quanto meno nell’ultimo lustro. Giornali e televisioni locali ne parlano ormai da tempo come un fatto assodato e verificato, un dato immutabile inevitabile; quello che è ed appare come un intricato sistema di storture umanamente concepite, è diventato negli anni una sorta di Verità inviolabile; nonostante i ripetuti cambi di assessore, il commissariamento, il Piano di risanamento, insapiditi da tagli grossi e grossolani, pare che la via d’uscita dal tunnel del deficit della Sanità, semplicemente, non esista. Eppure, come si dice in questi casi, non è sempre stato così; è una situazione creatasi passo per passo, figlia senz’altro di una crisi nazionale del SSN e delle ripetute riforme susseguitesi dal 1992 in poi, ma sostenuta ed aggravata da una gestione a livello locale miope e corporativa, quando non clientelare e sperperatoria.

Data la natura e le intenzioni di questo nostro spazio, appare opportuno aprire dando uno sguardo d’insieme della situazione che permetta di mettere a fuoco i punti salienti del problema e, soprattutto, dia gli strumenti e le informazioni per mettere ordine in quello che, ai non addetti, si presenta inevitabilmente come un oscuro marasma, cui si è giunti, però, attraverso tappe precise e riconoscibili, le quali celano, inevitabilmente, pesanti responsabilità politiche e personali.

La storia

Il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) nasce nel 1978 con la Legge 833, basato sui principi di “universalità dei destinatari e delle garanzie, di solidarietà nella contribuzione al finanziamento e di uguaglianza nell’accesso ai servizi sanitari”; esso va a sostituire il Sistema Mutualistico, avendo come preciso obiettivo quello di correggere i difetti e i limiti di quest’ultimo, ossia la disomogeneità geografica e sociale dell’assistenza sanitaria, il mancato controllo della spesa e, dal punto di vista strettamente sanitario, l’attenzione posta esclusivamente al momento di diagnosi e cura, a scapito della prevenzione. Con la legge 833 la gestione economico-amministrativa e la programmazione degli interventi viene affidata a Stato, Regioni ed Enti Locali, le cui competenze vengono però riordinate con il D.lgs. 502/92, fondato su tre punti:

aziendalizzazione: attraverso la costituzione delle USL in ASL e dei principali ospedali in Aziende Ospedaliere (AO) dotate di personalità giuridica pubblica ed autonomia economico-amministrativa;

regionalizzazione: attribuzione alle Regioni di poteri e responsabilità su programmazione, organizzazione, finanziamento, funzionamento e controllo delle attività sanitarie;

introduzione della concorrenza tra strutture pubbliche e private.

Ogni azienda ospedaliera è diretta da una “triade”: un direttore generale nominato dalla Regione con un contratto di diritto privato di durata di 3 o 5 anni; un direttore sanitario e uno amministrativo. L’Accordo Stato-Regioni del 2005, in ottemperanza a quanto previsto nella Legge Finanziaria 2005, ha stabilito la decadenza automatica dei direttori generali in caso di mancato raggiungimento del bilancio o di illeciti nella gestione; inutile dire che tale principio in Molise è stato regolarmente inapplicato, meno che in un caso1, nonostante ripetutamente ne esistessero le condizioni.

L’ultimo caposaldo della normativa è rappresentato dalla cosiddetta “Riforma Ter”, D.lgs. 229/99, che potenzia ulteriormente il ruolo degli Enti Locali e sviluppa il sistema dell’aziendalizzazione con nuovi strumenti di gestione aziendale e di realizzazione di accordi contrattuali.

La forte spinta verso il decentramento ha fatto sì che lo Stato riconoscesse alla Regione ampia autonomia in ambito gestionale, organizzativo e, soprattutto, finanziario, per cui, con il federalismo fiscale, le Regioni hanno ottenuto, oltre all’Irap, un aumento dell’addizionale regionale all’Irpef e della compartecipazione all’accisa sulla benzina e l’introduzione della compartecipazione all’IVA, con relativa abolizione del Fondo Sanitario Nazionale e dei trasferimenti erariali alle Regioni; inoltre fino al 2013 sarà attivo un “Fondo di solidarietà perequativa” che sarà azzerato con l’avvio definitivo del federalismo fiscale.

A livello normativo la regionalizzazione della sanità e della relativa fiscalità risale, quindi, ad ormai un decennio fa; in dieci anni le Regioni hanno dovuto riorganizzare le proprie strutture, calibrare l’offerta assistenziale, scegliersi gli amministratori e, soprattutto, rendersi indipendenti dal punto di vista economico, dal momento che la quota dei disavanzi del SSN a dicembre 1999 era di 16 mila miliardi di lire e posta a carico dello Stato, il quale dall’anno successivo, a fronte di un fabbisogno dichiarato dalla Regioni di 7.080 miliardi, ne avrebbe trasferiti un massimo di 2.700. Alcune Regioni virtuose sono riuscite a dotarsi di una sanità efficiente, senza limitarsi a garantire ai cittadini i LEA2 , ma sviluppando l’assistenza sul territorio e tagliando gli sprechi e le sovrapposizioni di competenze della precedente struttura centralista. E il Molise? Intuitivo affermare che non rientri tra le suddette regioni virtuose, per quanto, in verità, il moto perpetuo dei numeri non sia di facile interpretazione, data la penuria di documenti ufficiali; non esiste nessun collegamento tra le direzioni delle ASL e il Consiglio Regionale, nessun provvedimento, bilancio o resoconto annuale giunge a Palazzo Moffa, ma tutto è affidato a una contrattazione tra manager, Assessorato alla sanità e Presidente di Giunta, le uniche informazioni si riferiscono alle delibere di Giunta o ai DPEF. Il palazzo di vetro della PA ha sempre avuto i vetri un po’ opachi in Molise.

Già nel 2004 il direttore generale delle politiche sanitarie e sicurezza sociale Giovanni Di Renzo segnala le difficoltà del sistema e suggerisce “l’immediata attivazione di misure stabili di fiscalità regionale destinate esclusivamente alla sanità”; inoltre Di Renzo segnala che la spesa amministrativa è del 10 % e quindi riducibile mediante misure di razionalizzazione della spesa e riordino delle strutture ospedaliere; questo tentativo è stato perseguito con la legge di riordino del 2005 che ha soppresso le Asl esistenti, con relativo passaggio di competenze all’Asrem (Azienda Sanitaria REgione Molise) che però, per successive proroghe, ha stentato a realizzarsi.

Il Molise, che conta 320 mila abitanti, ha sei strutture ospedaliere pubbliche (Agnone, Campobasso, Isernia, Larino, Termoli e Venafro), il Centro della Cattolica e la Neuromed, più tre cliniche private; c’è una struttura pubblica di assistenza ogni 40 mila abitanti, contro una ogni 165 mila della Lombardia.

Considerando l’orografia e la viabilità si potrebbe giustificare la presenza di tre presidi distribuiti strategicamente, riconvertendo gradualmente e utilizzando sulla base di particolari specializzazioni quelle in sovrannumero. Un progetto di riordino condotto seriamente non può prescindere però da un’analisi dei bisogni sanitari del territorio, da una contabilità rigorosa, da una determinazione dei carichi di lavoro delle strutture in rapporto alle reali necessità e non ad esigenze di altro tipo. Per evidenziare come tali presupposti siano assolutamente venuti a mancare nella gestione della sanità regionale, si prenda ad esempio la vicenda riguardante l’approvazione del bilancio di esercizio del 2005 da parte della Corte dei Conti, cui il Collegio Sindacale dell’Asrem, insediatosi nel giugno 2006, ha fatto pervenire i questionari relativi alle ex Asl Centro, Alto e Basso Molise, nessuna notizia, invece, è pervenuta dai commissari liquidatori della Asl 2 Pentra.

La deliberazione n.3 della Corte dei Conti regionale, riportata da <Nuovo Molise> evidenzia per la ex Asl 3 Centro Molise di Campobasso: bilanci in perdita di 73 milioni per il 2003 e di 44 milioni sia nel 2004 che nel 2005, debiti per 120 milioni verso i fornitori ed eccedenti i crediti del 350%; il ricorso nel 2005 a prestiti bancari per 15 milioni per limitare le difficoltà economiche dell’Ente, nonostante questo sia permesso solo in ragione di investimenti; bilanci d’esercizio non autorizzati né dal bilancio di previsione né dalla Regione, e si potrebbe continuare. Non varia la situazione di criticità della ex Asl Basso Molise come evidenzia la deliberazione n.4 della Corte che conferma le situazioni di “grave irregolarità contabile”. La deliberazione della Corte dei Conti viene portata all’attenzione della Procura generale del Tribunale di Campobasso dal capogruppo ds Michele Petraroia e da Ernesto Giannini il quale in conferenza stampa annuncerà l’apertura di un’inchiesta da parte della Procura. Il direttore generale dell’Asrem Sergio Florio replica prontamente alle notizie riguardanti le irregolarità giudicandole <prive di fondamento> e annunciando querele, ma altre irregolarità vengono rilevate da Michelangelo Buonomolo, consigliere regionale Pdci che annuncia una mozione riguardante il bilancio d’esercizio 2006 e quello di previsione 2007. In effetti il Collegio Sindacale dell’Asrem nella seduta dell’8 Giugno 2007 non ha ritenuto di poter esprimere parere favorevole alle proposte di bilancio di previsione 2007 e pluriennale 2007/2009; rinunitosi nuovamente il 13 Agosto il Collegio, in relazione all’esame del bilancio d’esercizio 2006 segnala “uno stato di forte confusione organizzativa” e rileva l’”assenza” di qualunque bilancio economico di previsione per il 2006 “ai dati del quale correlare gli elementi contabili esposti nel bilancio d’esercizio”.3 Vale a dire che, una volta stilato il bilancio d’esercizio reale per il 2006, che quantifica i prelievi fiscali e la spesa effettivamente sostenuta ed evidenzia le passività, è risultato impossibile raffrontarlo con il bilancio di previsione, dato che questo, semplicemente, non è mai esistito, impedendo di fatto una qualsiasi valutazione nel merito della spesa e nel metodo della gestione finanziaria; in altre parole, non redigendo un preventivo di spesa a tempo debito, è impossibile valutare quanto quel preventivo sia stato rispettato. Un ottimo modo per mascherare gli sforamenti. Alle luci di tali considerazioni il Collegio sindacale, il 13 Agosto, “ritiene di non poter esprimere un parere positivo”; e poco importa perchè intanto il Bilancio d’esercizio 2006 è stato approvato con il provvedimento del Direttore Generale dell’Asrem n.504 del 26 Luglio 2007, senza, come detto, aver acquisito il parere preventivo del Collegio, come previsto dalla legge regionale n.12/97, ed escludendo il responsabile della redazione del documento contabile, che ne risponde direttamente in sede legale. E qui si realizza un singolare gioco di prestigio monetario. Il succitato atto n.504 fa riferimento ad una deliberazione della Giunta regionale di appena 6 giorni prima, che stabilisce l’assegnazione per il 2006 di 487 milioni di euro, a fronte di un’assegnazione di 349 milioni stabilita dalla stessa Giunta l’anno precedente (deliberazione n.3/2006); questa “correzione” postuma di quasi 140 milioni ha fato sì che il risultato negativo di esercizio esposto nel Modello CE IV trimestre 2006 ed ammontante a 156 milioni di euro, passasse, nel bilancio d’esercizio approvato dal solo Direttore Generale, ad euro 15.857.769,00. 4 Chiaro il giochetto? Tutto ciò in contrasto con i principi di chiarezza, verità e trasparenza nella redazione dei bilanci, che garantiscono la regolarità nella gestione delle aziende sanitarie locali.

Sulla base di queste motivazioni i consiglieri regionali del centrosinistra hanno presentato una mozione per la decadenza automatica dell’ing. Sergio Florio da direttore generale dell’Asrem – prevista, come detto, dall’accordo Stato_regioni del 2005 – e hanno chiesto, ai sensi dell’articolo 33 della legge regionale 12/95 l’annullamento del bilancio di esercizio 2006; il Consiglio Regionale ha bocciato entrambe le richieste.

Entro il 31 Dicembre 2007, inoltre, era da approvare il Piano Sanitario Regionale 2008-2010, ma la discussione durerà diversi mesi e l’approvazione avverrà l’ultimo giorno utile, il 9 Luglio 2008, pena il commissariamento da parte del Governo, cui tuttavia non basta una semplice deliberazione, ma chiede la riapprovazione con legge regionale. Così la maggioranza, il 18 Novembre, chiede ed ottiene l’iscrizione seduta stante all’ordine del giorno di un maxi-emendamento – che contiene il PSR – alla legge regionale n.9 del 1 Aprile 2008, che verrà approvata senza la possibilità per i consiglieri di vedere la documentazione. Appena dopo tale blitz viene varata l’ennesima proroga, fino al 31 dicembre 2008, per i commissari delle ormai disciolte Asl, che continuano a rimanere in servizio più di 3 anni dopo l’inizio del processo di liquidazione delle aziende sanitarie locali.

La squadra politico-dirigenziale messa su dal Presidente Iorio ha ottenuto risultati manageriali quantomeno discutibili e cumulato accuse da parte della popolazione, della stampa e della magistratura. In un’azienda meritocratica sarebbero scattati licenziamenti in tronco per giusta causa; in un’azienda clientelare invece – flessibile per natura – si riposizionano le pedine. Dal 2001 all’assessorato alla sanità si sono avvicendati Gianfranco Vitagliano, Luigi Velardi, entrambi coinvolti nell’indagine Black Hole, Antonio Chieffo, Ulisse Di Giacomo, assessore esterno non eletto, e lo stesso Presidente Iorio appositamente delegato e poi, nel luglio 2009, nominato Commissario dal Governo per ripianare un debito da lui stesso contribuito a creare. Uno dei primi atti da commissario è stata la nomina a sub-commissario della dottoressa Mastrobuono e ad assessore alla sanità dell’ex presidente della Corte d’appello di Campobasso Nicola Passarelli, ora in pensione; peccato che la funzione dell’assessore sia interdetta ex lege, essendo stata interamente ricondotto al potere sostitutivo commissariale. Il Molise possiede dunque un assessore all’Impossibile, mirabile esempio nostrano di politica creativa.

Un po’ di numeri

I dati disponibili parlano di un disavanzo di 41 milioni nel 2001, 28 nel 2002 e 15 nel 2003; il DPEF del 2004 evidenzia un disavanzo complessivo della sanità di circa 81 milioni, saliti a 250 appena due anni dopo; gli ultimi dati parlano di un totale di 600 milioni di euro, un enormità considerando che il PIL regionale veleggia intorno ai 5500 milioni annui.

Nel frattempo le aliquote Irap e Irpef sono aumentate rispettivamente dell’1,15% e dell’ 1,7%, con un incremento più sostanzioso nel Giugno 2006, cui si è aggiunta l’ulteriore correzione dell’estate appena trascorsa.

Questo senza che lo stato comatoso delle finanze della sanità regionale desse segni tangibili di miglioramento, anzi: il disavanzo nel 2007 è stato di 61 milioni, la sanità divora l’80% del bilancio annuale regionale, il prelievo fiscale tra Irap e Irpef copre appena l’11% della spesa sanitaria, la differenza tra spesa sanitaria pro-capite (1918 euro) e prelievo fiscale (212 euro) è la più alta d’Italia, ammontando a 1706 euro; seconda con distacco la Basilicata a 1442 e all’opposto la Lombardia con 694 euro.

L’epilogo

Nel Giugno 2008 l’ex assessore Vitagliano fa mea culpa, riconoscendo le proprie responsabilità nella cattiva gestione del sistema sanità, la quale produce l’unico risultato possibile: accorpamenti, tagli, riduzioni. La delibera della Giunta Regionale n.1261 del 28/11/2008 colpisce soprattutto gli ospedali di Venafro, con la chiusura dei reparti di Ortopedia e Rianimazione, e Larino, dove hanno chiuso Ginecologia ed ostetricia e Pediatria ed è stato ridimensionato il reparto di Oculistica. La perdita complessiva è di 70 posti letto più 50 tagliati a Campobasso, mentre a Termoli vengono tutti conservati. In questo mare di tagli c’è anche una “buona” notizia, il Veneziale di Isernia non perde posti letto e reparti, ma addirittura li vede aumentare! Questa è la dimostrazione che anche e soprattutto nei momenti critici si possono fare piccoli miracoli. Nella città pentra esiste infatti un reparto di Neurofisiopatologia inaugurato nel 2007, che, caso unico in Italia e forse al mondo, non è connesso a un reparto di Neurologia (di cui è una branca) né ad uno di Neurochirurgia, entrambi mancanti al Veneziale; ma proprio a tale reparto è stata affidata l’attivazione di una “stroke unit”5, con ulteriore esborso di un milione di euro.

Un reparto di Neurochirurgia dovrebbe avere un bacino di utenza di circa un milione di utenti, circa 3 volte la popolazione del Molise che, peraltro, già da anni ha ben due reparti di tale disciplina, a Campobasso e a Pozzilli, cioè a non più di 20 chilometri da Isernia. Un reparto di Neurochirurgia con annessa neurofisiopatologia dovrebbe, invece, avere un bacino di almeno 3 milioni di utenti. E’ evidente che questa situazione è incomprensibile alla luce dei criteri di razionalizzazione che dovrebbero guidare le azioni amministrative di una regione in crisi come il Molise, ma per svelare l’arcano basti ricordare il nome del direttore del suddetto reparto di Neurofisiopatologia: Nicola Iorio, fratello di Michele, a capo di uno staff di ben 18 persone per 5 posti letto più 2 in day hospital.

30 settembre. E’ questa la data stabilita in cui il presidente Iorio dovrà recarsi a Roma con un nuovo piano di rientro dal deficit sanitario, che, questa volta, dovrà ottenere il plauso del tavolo tecnico del Ministero, dopo le recenti perplessità espresse sulle prime bozze del documento. Pena, il commissariamento del commissario.

Francesco Cianci, studente in Medicina e Chirurgia.

Fonti:

Igiene, medicina preventiva e sanità pubblica. W.Ricciardi. Idelson-Gnocchi.

Il regno del Molise. Vinicio D’Ambrosio. Ed. Il Chiostro.

regione.molise.it

corteconti.it

repubblica.it

quotidianomolise.it

altromolise.it

1Quello di Michelangelo Buonomolo attualmente consigliere regionale dei Comunisti Italiani, dopo trent’anni di attività come dirigente nella sanità molisana, le cui colpe, se presenti, non si comprende dove siano tanto maggiori di quelle dei suoi omologhi Renato Gamberale (Isernia) e Mario Verrecchia (Termoli)

2 Livelli Essenziali di Assistenza, stabiliti dal Piano Sanitario Nazionale triennale

3Verbale n.34

4Verbale n.34 del 13 Agosto 2007

5Unità di Terapia neurovascolare, reparto semi-intensivo dedicato alla diagnosi e alla cura dell’ictus cerebrale in fase acuta