IL PIANO “POLITICO” DI MARCHIONNE

L’Italia scende in piazza all’indomani del referendum FIAT accanto agli operai della FIOM per i quali l’Unione Sindacale di Base (USB) ha proclamato lo sciopero generale per l’intera giornata del 28 gennaio. Operai, studenti, politici, precari, lavoratori dei diversi settori si sono incontrati in oltre 20 manifestazioni in tutta Italia, per dare sostegno agli operai della FIOM di Pomigliano e Mirafiori, in difesa del contratto nazionale contro gli attacchi di Confindustria e di Federmeccanica. Oltre alle manifestazioni, vari presidi e cortei hanno chiesto a  voce alla Cgil la proclamazione dello sciopero generale di tutte le categorie. Anche a Termoli, davanti ai cancelli della FIAT Power Train, ha animato la protesta un presidio formato da operai, iscritti FIOM, studenti, insegnanti, precari, tutti “Uniti contro la crisi”.Tre i pullman provenienti da Campobasso, Venafro e Isernia. Nonostante le condizioni del tempo avverse, sul palco si sono alternati vari interventi interessanti, da quello di Tarantino, presidente della FIOM-Molise a quelli dei rappresentanti dell’UDS – Unione degli Studenti e della FGCI – Federazione Giovani Comunisti. Accorati gli interventi delle due rappresentanti della categoria “mamme”, in difesa del benessere dei loro figli, costretti a crescere senza la presenza materna a causa dei turni di lavoro eccessivi e prolungati, senza la possibilità di assumere baby sitter qualificate. Altrettanto accorato e dai toni accesi l’intervento del ex operaio Musacchio, omonimo di quel Giovanni Musacchio, anch’egli operaio della Power Train di Termoli, iscritto allo Slai Cobas , licenziato per aver partecipato al presidio davanti al Giambattista Vico di Pomigliano d’Arco lo scorso 22 giugno, in occasione del referendum in fabbrica.

Molto applaudito, poi, l’intervento dell’insegnante precaria che, nel dichiarare piena solidarietà agli operai, ha evidenziato come “la vostra lotta è la nostra lotta, l’attacco ai vostri diritti è l’attacco ai nostri diritti, ai diritti dei lavoratori tutti, del pubblico e del privato, giovani, meno giovani, precari e non. Siamo qui per ribadire l’assoluta contrarietà al piano Marchionne e a quell’illegittima votazione di Pomigliano e Mirafiori.”

Gli studenti Manuel, dell’UDS, e Piero, della FGCI, hanno sottolineato l’importanza della partecipazione e la contrarietà ad una politica che nega un futuro ai giovani e a quanti ogni giorno si impegnano nello studio e nel lavoro e che pretendono a viva voce di rivendicare i loro diritti.

Andrea Di Paolo, dei COBAS, ha evidenziato come l’asse Governo-Fiat prosegua nella sua folle corsa verso la distruzione dei diritti, del contratto nazionale di lavoro e della democrazia sindacale. Così, mentre l’Italia è distratta dalle vicende di Berlusconi, il Ministro Sacconi e Marchionne indicano la via da seguire all’intero padronato italiano. Anche Di Paolo, come gli altri relatori che si sono alternati sul palco, ha invocato lo sciopero generale di tutti i lavoratori pubblici e privati perché l’attacco è generalizzato e colpisce solo in una direzione, quella che porta ai pensionati, ai lavoratori dipendenti, agli immigrati, ai precari, ai disoccupati, agli studenti.

Una mobilitazione nazionale, dunque, per fermare l’onda autoritaria e antidemocratica avviata dalla Fiat e dal governo Berlusconi. Ma quello che l’USB – Unione Sindacale di Base – ripropone è anche di rafforzare il sindacalismo conflittuale, indipendente e di base. L’onda lunga dell’azione di Governo e Fiat, infatti, nella sua corsa senza freni “ha fagocitato anche quelle organizzazioni sindacali che da oltre un decennio flirtano con il governo Berlusconi nella speranza di poter raccogliere le briciole che cadono dal piatto dei potenti”. FIM, UILM, FISMIC, UGL e Associazione dei Quadri Dirigenti Fiat hanno tracciato un solco profondo dal resto del mondo del lavoro con la loro sudditanza, interessata, agli interessi padronali. Costoro, sostengono i rappresentanti dell’USB, non hanno però fatto i conti con la resistenza che gli operai metalmeccanici hanno messo in campo prima a Pomigliano e poi a Mirafiori: le migliaia di NO dicono che il padronato non ha conquistato i lavoratori e sono un “monito ai tanti padroni e padroncini vogliosi di seguire le orme della Fiat”.

Il No dei lavoratori è conseguenza del fatto che gli accordi separati della FIAT violano il Contratto Nazionale CCNL 2008 e peggiorano di fatto le loro condizioni. Questi accordi riducono gravemente i diritti dei lavoratori su pause, orario di lavoro, malattia, sopprimono la libertà sindacale ed impongono gravi violazioni della Costituzione. La motivazione ufficialmente addotta da Marchionne per questi comportamenti è che gli stabilimenti italiani della FIAT sono gli unici che non danno profitto. Alla base di questo starebbe il tipo di relazioni industriali esistente in Italia, che determina un costo del lavoro troppo elevato e vincoli sull’uso della forza-lavoro che diminuiscono la produttività. Con il ricatto dei famosi investimenti e del posto di lavoro, il referendum-truffa costringe di fatto i lavoratori, tra le altre cose, a non poter più scioperare, pena il licenziamento; a non potersi più iscrivere liberamente al Sindacato, né eleggere propri rappresentanti sindacali. Democrazia e contratto nazionale, dunque, spariscono dai luoghi di lavoro. Il lavoro non è più un bene comune, non fa capo più a quella “teodicèa” di virgiliana memoria, non ha valore né dignità, diventa merce usa e getta, così come viene gettato nel cestino il primo articolo su cui si fonda la nostra Costituzione: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”.

Il Governo – come meravigliarsi – è schierato con FIAT, Federmeccanica e Confindustria. Il modello FIAT è il trampolino di lancio del Governo, degli industriali e di gran parte delle forze politiche italiane verso una politica che incrementa precariato e povertà sociale, che ridimensiona i diritti, aumenta lo sfruttamento e riduce i salari reali dei lavoratori. Tuttavia il NO al ricatto Marchionne, Confindustria e Governo dei 2325 lavoratori, il 46% dello stabilimento FIAT di Mirafiori, dà una piccola speranza ad un’Italia che non intende piegarsi, che non vuol far pagare la crisi ai lavoratori, pensionati e giovani, dimostra che l’attacco al mondo del lavoro a ai diritti costituzionali può essere contrastato, rilanciando un modello alternativo al sistema di sfruttamento capitalistico, alle destre e ai padroni di ogni dove. Un modello alternativo alla vergognosa azione politica condotta da Marchionne per mascherare un’azione di Governo che mira alla soppressione dei diritti in ogni campo, non solo tra i metalmeccanici. Contro questo stato di cose, è necessario che le coscienze (di classe e individuali) si risveglino. È necessario rivendicare il diritto al lavoro, allo studio, al futuro, all’esistenza dignitosa.

È necessario riacquistare quello che in Italia si sta perdendo, da più parti: la capacità di indignarsi. Occorre andare contro un modello che, tutto chiuso nei propri particularismi, assopisce le criticità col pensiero unico; confonde l’illegale con il legale, il reale col reality e il virtuale; uccide l’etica con l’immagine; trasfigura i valori con la volgarità; cela il contenuto dietro la forma vacua; dà senso al vuoto colmandolo d’importanza; non distingue più la destra dalla sinistra laddove il centro-sinistra, forte della sua aurea riformista, non ha più masse da mobilitare, avendole disarmate con la teorizzazione dell’impossibilità di ogni vera alternativa democratica e di sistema. In questo panorama così funesto, tuttavia, occorre ricomporre i pezzi. Si deve cercare l’alternativa. Ripartendo da un’azione unitaria di movimenti, sindacati, forze di Sinistra.

Si deve guardare avanti. Con fantasia sovversiva.

Marinella Ciamarra