Una recente sentenza del Consiglio di Stato ridà il via alla realizzazione di un impianto costituito da 16 pale eoliche nelle vicinanze della città romana di Altilia. Molte voci si levano in difesa del paesaggio circostante la zona archeologica. La Rete dei comitati e delle associazioni contro l’eolico selvaggio si è appellata al Ministro dei Beni Culturali Galan perché il Governo o il Parlamento intervengano per bloccare il progetto.
Qui di seguito qualche riflessione su quanto sta accadendo – naturalmente aperta a qualsiasi commento, critica e ulteriore riflessione di chi avesse voglia di discuterne sul nostro blog.
Quando sei nato in Molise hai sempre questa immagine della tua regione come di una regione sfigata, di cui nessuno parla perché in fondo non succede mai nulla e che nessuno sa localizzare sulla carta geografica; ti senti quasi orgoglioso quando per qualche motivo non proprio felice – un terremoto, o il “delitto di Ferrazzano” – il suo nome salta alla ribalta nazionale. E al tempo stesso trovi che il fatto che nessuno la conosca sia ingiusto, ne vanti le bellezze artistiche, paesaggistiche o mangiatorie in lungo e in largo – specie quando poi parti -, e sei eternamente grato a chi le riconosce, o anche solo vi accenna lontanamente.
È successo e succede a tutti, il sentirsi sfigati fa parte un po’ dell’”essere molisani” ed è oggetto di un gran repertorio di battute, di cui siamo vittime o autori. Ma quando questa sorta di “vittimismo” e di “complesso di inferiorità” influenza il nostro agire politico, può portare forse alla ricerca costante di un riconoscimento esterno – da chiunque esso provenga – e della ribalta nazionale, a delle pratiche rinunciatarie, al chiudersi troppo pensando che il Molise è un caso a parte, senza guardare agli esempi che provengono da altre regioni d’Italia.
Fin dalla nascita del nostro blog, quasi un anno fa, ci interrogavamo su quanto tutto questo incidesse anche sul nostro modo di pensare alla realtà molisana. Ci ponevamo il problema dell’isolamento politico, culturale, sociale della nostra regione, riconoscendo nelle continue partenze uno degli ostacoli alla continuità e al successo delle lotte politiche molisane. Provavamo al tempo stesso a ribaltare modi di vedere prima di tutto nostri – come l’idea che non vale la pena di impegnarsi politicamente in Molise, perché tanto le cose importanti succedono e si decidono altrove, mentre in Molise non è possibile portare avanti lotte significative – e a proporre qualche soluzione – il fare rete tra le generazioni, tra chi è partito/a e chi è rimasto/a, tra le realtà di movimento. (Per rileggere il nostro manifesto: “Una modesta proposta)
Gli avvenimenti di questo anno e le inchieste portate avanti da giornalisti e magistratura hanno probabilmente confermato le nostre intuizioni, dimostrando che oggi è nelle periferie che si gioca la vera resistenza al modello neoliberista; periferie che diventano pattumiera e colonia energetica delle regioni ricche – vedi il caso del Molise o della Basilicata (per info www.olambientalista.it) – o ancora vittime delle grandi quanto inutili opere che devono “far girare” l’economia italiana – vedi Val di Susa (per info www.notav.info).
Alla luce di ciò, bisogna dire a chiare lettere che il caso di Altilia è solo l’iceberg del problema eolico selvaggio, che colpisce diverse comunità sparse per lo stivale (vedi ancora la Basilicata, o la mobilitazione sull’Alto Appennino http://www.comitato4p.org http://reteresistenzacrinali.wordpress.com/ ), proprio a dimostrazione del fatto che è un problema nazionale, è un problema legato alla politica energetica del nostro paese.
Occorrerebbe inoltre superare quella sorta di vittimismo e la ricerca di un riconoscimento esterno a tutti i costi, che spesso contraddistinguono noi molisani e di cui parlavo un po’ scherzosamente all’inizio. Non sarà né la menzione da parte del Ministro, né l’interessamento alla vicenda di Altilia da parte di Sgarbi o di qualsiasi figura di rilievo nazionale, a legittimare le lotte dei comitati contro l’eolico, ma piuttosto il nostro sacrosanto diritto di cittadini/e molisani/e a difendere il nostro territorio e a partecipare alle scelte che lo riguardano. È proprio in virtù di questo diritto che io chiedo e reclamo un intervento da parte della Regione e del Governo, che non è un “aiuto”, ma quello che coloro che ci rappresentano sono tenuti a fare in difesa di un bene comune.
Io non mi sento di dover ringraziare il Ministro Galan per essersi ricordato che Altilia è in pericolo, proprio perché credo nel grande valore artistico e storico di quella zona archeologica, e penso che sia il minimo, per un Ministro dei Beni Culturali, interessarsene. Ma forse dovrebbe interessarsene anche il suo collega Ministro delle attività produttive. Perché quello che oggi si decide è sacrificare i beni culturali e paesaggistici e i beni comuni di tutto il paese al profitto di poche ditte del settore dell’energia “verde”, che peraltro beneficiano di laute sovvenzioni, le più alte d’Europa, pagate con i nostri soldi di contribuenti. Allora non basta appellarsi a Galan perché fermi i progetti che minacciano Altilia o Pietrabbondante, perché anche se fossero bloccati, resterebbe il problema di un sistema distorto, che garantisce dei super-guadagni alle imprese energetiche a spese dell’ambiente e del diritto all’autodeterminazione delle popolazioni locali.
Penso infatti che ci sia anche questo in gioco oggi, dalla Valle del Tammaro alla Val di Susa, passando per la Basilicata e le Isole Tremiti minacciate dalle trivellazioni petrolifere: il diritto di decidere come gestire le risorse del proprio territorio – e anche il diritto di partecipare ai benefici che provengono dal loro (eventuale) sfruttamento, piuttosto che subirne i danni. E’ questo diritto che è in pericolo oggi, oltre che l’identità del popolo molisano, di cui alcune note stampa parlano.
Questa sentenza del Consiglio di Stato non sancisce necessariamente la sconfitta di tutti/e quelli/e che hanno lottato per difendere Altilia. Se qualcuno intitola il suo comunicato “Abbiamo perso” e parla di mobilitazioni “rese vane” da una sentenza, è forse perché, a seguito di questa sentenza che pare chiudere un contenzioso giuridico, vede esaurite le proprie possibilità di intervenire istituzionalmente nel suo ruolo di consigliere regionale. Ma molto altro ancora può essere fatto dalle cittadine e dai cittadini. La Rete dei comitati è in mobilitazione da mesi, in una lotta che rappresenta un fatto importante e positivo per la nostra Regione; questa capacità di fare rete, di organizzare cittadini delle più diverse provenienze culturali, sociali, politiche, di resistere ai tentativi di devastazione del territorio è già un processo di crescita civile e collettiva di grande valore, a prescindere dai risultati e da qualche sconfitta. Si potrebbe rilanciare la lotta, facendo rete con le tantissime realtà che resistono in tutta Italia a devastazioni simili – spesso senza godere della ribalta nazionale esattamente come il Molise – e sperimentando nuove e creative forme di lotta, di resistenza dal basso, di riappropriazione degli spazi.
Se in Molise si potranno forse ottenere buoni risultati sarà grazie a una mobilitazione dal basso, non tanto grazie a un provvidenziale “aiuto” dall’alto di qualche ministro sensibile. Lo dimostra ad esempio la grande e importante mobilitazione dal basso per l’acqua pubblica e i beni comuni, che ha portato nella nostra regione, nella quasi totale indifferenza dei partiti e di chi fa politica tradizionalmente e istituzionalmente, a un ottimo risultato: un’affluenza alle urne superiore alla media nazionale, la più alta del Sud, con punte del 62-63% a Campobasso o Termoli. Un risultato per il quale dobbiamo ringraziare il Comitato per l’acqua pubblica e che dovrebbe farci riflettere sul reale “isolamento” e la reale “arretratezza” della nostra regione rispetto al resto dello stivale e che fa ben sperare sulla sensibilità dei cittadini e delle cittadine molisani/e al tema della difesa dell’ambiente e dei beni comuni.