Pizza di grandinio, spaghetti di riso e cous cous

Reduci da un’estenuante riunione di redazione (perché quando ci ritroviamo tutti sul posto per le vacanze ne approfittiamo per sviscerare le questioni accumulate in mesi di comunicazioni elettroniche), non paghi, alcuni eroici redattori e alcune instancabili redattrici di tratturi si sono recate ieri sera a Ripalimosani per la “Giornata della multicultura” , un’iniziativa organizzata dall’amministrazione comunale insieme all’associazione interculturale “Primo marzo”.

La squadra era composta da Alessia, Laura, Federica, Pietro, Manuel e Paolo (del quale però a un certo punto abbiamo perso le tracce…). L’intenzione era quella di prendere i primi contatti per avviare la nostra prossima inchiesta sulla situazione dei migranti in Molise e in Italia, ma per prima cosa abbiamo gustato la cena preparata dalle migranti e dai migranti dell’associazione “Primo marzo” con piatti tipici dal Kurdistan, Argentina, Cuba, Marocco, Filippine, Indonesia e… Ripalimosani (ciabotta con la pizza di grandinio).

E a questo punto vi riveleremo una pagina imbarazzante della storia di Tratturi, che ai suoi primordi, nel frenetico brainstorming alla ricerca del nome da dare al blog, ha rischiato di chiamarsi appunto“ciabbotta”, o anche “pizza e minestra”.

Il cibo era ottimo e con piacevole sorpresa abbiamo notato che nessuna diffidenza gastronomica ha frenato il pubblico dei molisani – noi compresi – di fronte al ricco buffet. Purtroppo però la nostra digestione è stata funestata dagli immancabili e mielosi interventi del sindaco di Ripalimosani Paolo Petti e della assessora regionale alle politiche sociali Angiolina Fusco Perrella.

Ecco qui alcune perle raccolte per voi.

Sindaco:

“Siamo tutti figli di Dio” (E i clandestini, non sono figli di Dio anche loro?)

“L’accoglienza non è nè di destra nè di sinistra”

“Loro hanno bisogno di noi e noi dobbiamo rispondere generosamente” (E noi non abbiamo bisogno di loro quando raccolgono i pomodori o badano ai nostri vecchi per paghe che nessuno di noi accetterebbe?)

 

Assessora Fusco Perrella:

“I migranti sono persone a pieno titolo” (E ci mancherebbe)

“L’altro è come noi…” (di nuovo: …anche i clandestini?)

“Però chi viene qui deve rispettare le leggi del nostro paese” (Perché non sente il bisogno di ricordarlo agli italiani, che bisogna rispettare le leggi? Forse a dispetto delle sue umanitarie parole, anche l’assessora è convinta che i migranti siano in quanto tali propensi a delinquere? E quali leggi? Anche quelle per cui una persona che vive qui da 10 anni se rimane disoccupata rischia di essere sbattuta in un CIE e poi rimpatriata?)

“Saluto l’associazione primo marzo [sorrisone]… e sono curiosa di sapere il perché di questo nome” (Il primo marzo è la data del primo sciopero dei migranti… chissà se la parola “sciopero” avrebbe suscitato in lei lo stesso umanitario sorriso…)

Non fraintendeteci: siamo contenti che il comune di Ripa abbia organizzato questa iniziativa, che attraverso la musica, il cibo e la convivialità di fatto è comunque servita a promuovere l’amicizia tra i popoli e a combattere la diffidenza e l’odio verso i migranti che molte forze politiche hanno fomentato e fomentano senza posa. Ma di fatto questi amministratori fanno parte appunto di forze politiche che mettono in atto politiche razziste e fomentano la paura e l’odio. E l’ipocrisia disturba la alla digestione, si sa.

Per fortuna i nostri fegati si sono potuti distendere quando Hikmet Aslan ha iniziato il suo intervento con queste parole “io non ringrazio nessuno, perché non credo di dover chiedere o pregare qualcuno per quelli che sono i miei diritti”. Hikmet ha inoltre ricordato ai due amministratori di centro destra e al pubblico presente l’abberazione dei CIE, vere e proprie prigioni illegali in cui vengono rinchiuse persone che non hanno commesso nessun reato.

(Recentemente, anzi, il governo dello stesso colore politico dei due volenterosi amministratori ha approvato l’estensione da 6 a 18 mesi del periodo di detenzione nei CIE, dove, lo ricordiamo, si viene rinchiusi per una semplice infrazione amministrativa – come se vi condannassero a stare stare in galera per un anno e mezzo perché avete dimenticato di rinnovare la carta di identità – vedi qui per maggiori informazioni)

Anche un’altra partecipante dell’associazione primo marzo, Araceli Sanchez, ha ringraziato l’assessora delle belle parole, ma le ha rammentato la richiesta, tutt’ora inascoltata, di uno spazio per realizzare la Casa delle culture, nella quale, fra le altre cose, i fedeli e le fedeli di altre religioni potessero avere un posto per pregare, necessità sottolineata anche dal parroco di Ripalimosani nel suo intervento.

E’ a questo punto che a Manuel e Federica (i due redattori di tratturi che fanno parte dell’Unione degli studenti) si sono rizzati i capelli in testa, perchè il comune di Campobasso ha appunto sfrattato l’Uds, l’associazione primo marzo e altre associazioni dallo spazio di vico Carnaio proprio per il timore paranoico e xenofobo di uno sparuto gruppo di residenti della zona, che paventavano che la realizzazione di una “moschea” in quello spazio potesse portare chissà quali pericoli per la sicurezza del quartiere… Uno sfratto che è avvenuto, tra l’altro, dopo che le associazioni avevano investito notevoli energie per ripulire e ristrutturare l’edificio e l’area circostante.

Infine, è un vero peccato che gli sforzi retorci dei due amministratori di centro destra siano stati vanificati dal fatto che molti dei migranti presenti, scappati dalla guerra in Libia e rifugiati a Ferrazzano da poche settimane,  non hanno potuto comprendere nulla delle loro parole, nè tantomeno intervenire, dal momento che mancava un interprete.

L’esibizione dei Battitori, per l’occasione insieme a un gruppo di percussionisti nigeriani richiedenti asilo politico residenti a Ferrazzano, ci ha aiutato a distendere i nervi. E’ seguita poi l’esibizione della Piccola orchestra popolare C. O. Panzillo.

A fine serata, vinta la timidezza, abbiamo parlato con i richiedenti asilo ospitati a Ferrazzano: giovani originari di vari paesi africani, che vivevano in Libia al momento dello scoppio della guerra. Giunti in Italia, hanno chiesto l’asilo politico, ma le richieste di asilo, nel nostro paese, hanno dei tempi burocratici incredibilmente lunghi e nel frattempo la legge italiana mantiene i richiedenti asilo in una sorta di limbo giuridico: lo stato garantisce ai richiedenti vitto e alloggio, ma impone anche tutta una serie di restrizioni della libertà personale, fra cui persino il divieto di lavorare.

Ce ne occuperemo nei prossimi post. Nel frattempo ai migranti di Ferrazzano va la nostra solidarietà e la promessa di tornare a trovarli.