Il Professore che non convince: riflessioni pacate sul femminicidio e su chi vuole negarlo

Pier Paolo Giannubilo è un giovane professore del Liceo Scientifico di Campobasso, noto, amato o comunque rispettato dai suoi studenti ed ex studenti, che trovano in lui un interlocutore sempre stimolante. Molti tra di noi, in redazione, l’hanno avuto come docente, lo seguono su Facebook e non hanno potuto fare a meno di notare un testo, pubblicato il 19 Maggio scorso, che inizia così:

“IL FEMMINICIDIO CHE NON CONVINCE – Vogliamo parlarne, senza isterismi e con cognizione di causa? Pubblico due note, la prima è una statistica, la seconda viene dal Fatto Quotidiano, a firma di F. Tonello.”

[seguono i due brani che per sintesi non ripubblichiamo ma che linkiamo: il primo è il sesto capoverso di questo articolo di Marcello Adriano Mazzola (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/24/femminicidio-ma-siamo-sicuri/390514/); il secondo è l’intero intervento di Fabrizio Tonello (http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/11/femminicidio-numeri-sono-tutti-sbagliati/590171/).

Siamo di fronte a due articoli che entrano a piedi uniti nella questione, argomentando, ci sembra, grosso modo alla stessa maniera, che proviamo a riassumere (ma leggete voi stessi gli articoli): il numero degli omicidi in Italia è in forte calo; la percentuale di donne, tra le vittime, è sostanzialmente costante e oltretutto spesso più bassa rispetto ad altri paesi, europei e non; non ci sono dati significativi relativi agli autori dei delitti e quindi non è possibile determinare quante donne siano state vittima di violenza da parte di un uomo o un partner; in ogni caso il fenomeno non è un’emergenza, ma un dato stabile e costante.

 

Ci sembra di poter ragionevolmente credere che l’interesse di Tonello, Mazzola (e Giannubilo) non sia meramente filologico/linguistico, bensì sociale/politico/culturale/mediatico. Da un punto di vista linguistico infatti il termine femminicidio – per quanto possa risentire della rozzezza tipica dei neologismi e di una certa qual cacofonia – si attaglia perfettamente ad ogni uccisione di una donna (caedo, is, ere, i.e. uccidere, + femina, ae, i.e. persona di sesso femminile); l’espressione ‘emergenza femminicidio’, invece, non troverebbe effettivamente giustificazione di fronte a questi numeri (solo l’1,4% di 100.000 donne italiane è stato ucciso, secondo la fonte ONU, nel 2008); in entrambi i casi, comunque, l’argomento non avrebbe alcun interesse, potendo essere al massimo, strutturato meglio, oggetto di studio su una rivista di sociolinguistica.

 

La questione dirimente, in realtà, è relativa alla quantità di ‘uomini che odiano le donne’, o meglio di donne uccise (o ferite: è rozzo il nostro giornalismo, ma è innegabile che si usi il termine femminicidio per indicare genericamente la violenza sulle donne) da partner, ex partner, uomini sconosciuti. Tonello afferma nel suo articolo che dati su questo aspetto non ci sono, e che quelli che ci sono, bontà sua, li ha studiati lui: si riferisce ad una statistica relativa al solo 2006, pubblicata dall’ISTAT (“che ha i mezzi e la cultura per dare un senso alle cifre”) e consultabile qui: http://dati.istat.it/?lang=it.

 

È strano che Tonello e Mazzola non citino questa statistica (e che Giannubilo, nell’intento di voler parlare del femminicidio con cognizione di causa, non si sia premurato di ricercarla), perché il dato che emerge è piuttosto inquietante: 1 donna su 3, tra i 16 e i 70 anni, ha subito violenza da un uomo; nel 18,8 % dei casi si è trattato di violenza fisica, nel 23,7% di violenza sessuale; su 100 donne che hanno avuto un partner, 14 sono state violentate dal partner stesso. Attenzione: le percentuali non sono calcolate sul totale di donne che hanno subito violenza, bensì sull’insieme completo di donne tra i 16 e i 70 anni (con partner relativamente all’ultimo dato).

1 donna su 3 ha subito violenza da un uomo: il dato non è relativo al solo 2006 (Tonello e Mazzola potrebbero pensare che si tratti di un anno particolarmente sciagurato), ma è stato raccolto nel 2006. Si tratta, effettivamente, dell’unico dato che siamo riusciti a reperire: manca, infatti, un osservatorio nazionale antiviolenza, e non compaiono dunque, ad esempio, i numerosi casi di denunce al Telefono Rosa o ad altre strutture di supporto, che l’ISTAT non ha tra le sue fonti (essendo la sua fonte relativa a Giustizia e Sicurezza essenzialmente giudiziaria). Sono proprio le operatrici e gli operatori di questo settore ad essere, per una sola volta, d’accordo con Tonello nel dire che non di emergenza si tratta, ma di normalità, cosa che rende il quadro più, non meno, inquietante: a questo link http://frequenzedigenere.wordpress.com/puntate/terza-stagione/ è possibile ascoltare la puntata del 18 maggio di una trasmissione radiofonica su questioni di genere in cui una operatrice risponde punto per punto alle obiezioni di Tonello.

 

Sintetizziamo, a questo punto, la nostra contro-argomentazione: si parla di femminicidio per indicare genericamente la violenza sulle donne da parte degli uomini, spesso partner o ex-partner; i dati su questo fenomeno, benché scarni, ci sono e sono preoccupanti; il femminicidio convince eccome, e ci chiediamo noi perché non se ne possa parlare con cognizione di causa e senza isterismi (da hyster, utero, perché nelle lingue europee parlare senza ragione è caratteristica femminile, ça va sans dire).

Ovviamente Tonello, Mazzola  (e Giannubilo, che vuole parlare di femminicidio con cognizione di causa) non sono mossi solo dall’interesse linguistico di restituire il termine “femminicidio” al suo significato letterale. Accettato questo, allora, l’idea sarebbe quello di un articolo non diciamo scientifico, ma quanto meno che tenda a riportare un problema alla sua “dimensione reale”
appoggiandosi all’oggettività dei dati.

Peccato però che evidentemente i dati presentati dai primi due autori non sono falsi, ma fuorvianti sì, perché ignorano volutamente che il problema non è quante vittime di omicidio siano donne, ma quante donne siano ammazzate da uomini e perché; di fronte a queste premesse, ci chiediamo (e chiediamo a Giannubilo) perché? A che pro? A chi serve, quale battaglia si intraprende raccogliendo una serie di dati a caso per dire che il cosiddetto femminicidio non è un’emergenza ma un dato stabile (meno male!), per puntualizzare col ditino alzato che se una donna è sfregiata dall’acido non è femminicidio perché non muore, ma esce prima o poi dall’ospedale (Tonello)?

 

Non bisogna avallare le paure irrazionali, scrivono Tonello e Mazzola: non si deve consentire che una donna pensi e tema che dietro ogni partner ci possa essere un assassino; non è corretto e utile creare una campagna di paura nei confronti del ‘maschio’ sulla falsariga di quella che qualche anno fa, sempre sul corpo delle donne, si giocò nei confronti dello straniero. Nobile intento il loro, ma pisciano fuori dal water (in quanto maschi, ché per le femmine è più difficile questa sublime e discreta espressione di libertà dalle regole): innanzitutto il ‘dagli allo zingaro’ di qualche anno fa non era basato su nessun dato reale, tant’è che già all’epoca meritoriamente Curzio Maltese fece notare dalle pagine del Venerdì (26/10/2007) che nella maggior parte dei casi a commettere violenza sulle donne italiane erano i partner italiani; in secondo luogo è un giochino semplice ma fragile paventare una “emergenza misandria” sulla scia della xenofobia imperante, perché banalmente il maschio e lo straniero sono categorie la cui comparazione non ha senso, come ‘frutta acerba’ e ‘mele’; in terzo luogo perché l’unico risultato concreto e tangibile di questo brillante lavoro giornalistico è il declassamento, lo sminuimento dell’enorme problema della violenza sulle donne, che permea la società tutta ben prima di arrivare all’aggressione fisica o all’omicidio.

 

Richiediamo ancora una volta, quindi, idealmente a Tonello e Mazzola, concretamente a Giannubilo: perché?

 

 

3 risposte a “Il Professore che non convince: riflessioni pacate sul femminicidio e su chi vuole negarlo”

  1. I movimenti femministi non hanno mai parlato di emergenza femminicidio, perché il femminicidio (putroppo) non è una novità degli ultimi anni, e perché non abbiamo affatto bisogno di usare la parola “emergenza” per sentirci in diritto di rivendicare il nostro diritto alla vita, all’incolumità, all’autodeterminazione. Sono i giornali, i partiti, i governi, gli imprenditori politici della paura ad avere bisogno delle “emergenze” (emergenza terrorismo, emergenza sicurezza, emergenza immigrazione ecc.) per legittimare politiche razziste, securitarie, paternaliste, lesive delle libertà civili e politiche. Non noi.

    Quanto alla misandria: dici bene, lo straniero e il maschio sono due categorie incomparabili, perchè maschio indica una posizione di privilegio nella nostra società. Parlare di misandria sarebbe come dire che la lotta di classe è una discriminazione nei confronti dei ricchi.

  2. Caro (o cara) WoW,

    ti rispondo a titolo personale: non mi piace buttarla in caciara, come dicono a Roma.

    Nel mio contributo – discusso con tutta la redazione – ho cercato di intervenire nel merito delle parole scelte dal prof. Giannubilo, e di rispondere rispetto a ciò che Giannubilo ha scritto, e a nient’altro.

    Ipotesi di “traviamento” (ma che vuol dire “traviare”? perché si sarebbe “traviati” da un prof?) non sono un oggetto di discussione che mi appassiona; rifiuto personalmente questa categoria analitica, e più in generale preferisco evitare di entrare in polemica con una persona in quanto tale, mentre mi appassiona discutere rispetto a ciò che qualcuno fa, o scrive, o pensa.

    Ti ringrazio per aver letto e commentato l’articolo, ma ci tenevo a fare questa precisazione: non credo che il prof. Giannubilo “travi” nessuno; esprime delle opinioni, qualcuno le condivide, qualcuno no, qualcuno gli risponde, qualcun altro no. E finisce qui.

    Ciao!

  3. …beh, il fatto di esser lineari e lucidi e non traviati da quel prof. depone già e tanto a VOSTRO favore. ritenetevi fortunati

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