I contadini del Molise sotto il bastio del Mercato…

 

Dato il basso numero di abitanti, una situazione delle infrastrutture precaria e una vocazione millenaria delle sue genti, gran parte dei redditi del Molise è indissolubilmente legata all’ agricoltura. Le colline che a distanza di migliaia di chilometri riempiono i nostri ricordisono state plasmate semina dopo semina, raccolto dopo raccolto, dalla tenacia e dall’ostinazione delle generazioni che si sono avvicendate alla loro coltivazione.

E così ancora oggi. Sono cambiate le tecnologie e le tecniche produttive, cambiati i mercati di sbocco e approvvigionamento, cambiate le colture…ma immutate restano le dinamiche che sono alla base dell’agricoltura molisana. Dinamiche di sfruttamento e depredazione dei contadini da parte ora del barone, ora del potente, ora del mercato. Aggiungendo a ciò il background di trasmutazione che l’economia mondiale sta affrontando potrete avere un’idea della situazione attuale dell’agricoltura in Molise.

Di cosa stiamo parlando?

Il 2008 è stato battezzato come l’anno di inizio della crisi economica mondiale. In realtà già nel 2007 la crisi era bell’ e che cominciata con l’impennata dei prezzi dei prodotti agricoli e la conseguente crisi alimentare (world food crisis 1). Tali fenomeni di turbolenza finanziaria non sono nuovi al mercato finanziario, anzi si può affermare che siano la regola, ma gli agricoltori europei e quindi italiani e molisani ne erano rimasti più o meno immuni grazie ai meccanismi di protezione della PAC, la politica agricola comunitaria 2. Questi ultimi però sono via via destinati a scomparire in seguito all’Uruguay Round, un accordo che prevede la totale adesione al modello del Libero Mercato senza smorzature di sorta.

Dopo una prima fiammata i prezzi sono caduti, anche considerando il fatto che con previsioni di prezzo e con l’introduzione delle colture per i biocombustibili sono aumentate le superfici impiegate, e così negli ultimi anni gli agricoltori si trovano a vendere le merci a prezzi ridicoli, producendo in perdita.

Le turbolenze finanziarie sono dovute al fatto che gli strumenti negoziati nei mercati finanziari che riguardano ad esempio i cereali, il latte, la carne, ma anche il petrolio (detti Commodity3) per la maggior parte sono a termine, ossia si contratta oggi il prezzo che sarà pagato ad esempio tra sei mesi. Se la domanda di petrolio, la merce perno di tutto il sistema economico, aumenta, gli operatori di borsa rifaranno i loro conti e il prezzo del petrolio aumenterà.

I produttori di derivati dal petrolio – concimi e fertilizzanti, imballaggi e carburanti- allora, prevedendo un aumento del prezzo di acquisto del petrolio, aumenteranno di conseguenza, non fra sei mesi, ma subito, il prezzo dei loro prodotti. Essendo questi prodotti necessari al lavoro dell’agricoltore (almeno quello che ha scelto l’agricoltura industrializzata), quest’ultimo si troverà a dover affrontare più spese ma non potrà a sua volta alzare i prezzi dei suoi prodotti, perché…

… in realtà gli agricoltori non decidono da sé il prezzo di vendita, ma l’acquisiscono in quel mercato comune a cui l’Italia ha deciso di aderire. Il Mercato Comune per un contadino molisano assume la veste di un commerciante che porterà la merce al mercato locale o di una società con cui l’agricoltore aveva già stipulato un contratto. Nel primo caso il contadino sarà oggetto del ricatto della Grande Distribuzione, la quale,relativamente ai prezzi di Borsa, fa il suo di prezzo. Prezzo ovviamente iniquo, perché formato in una situazione di mercato in cui l’offerta è frammentata in un numero indefinito di operatori, ma la domanda di ciascun bene è concentrata in un numero ristretto di compratori. Cioè, di contadini, allevatori, produttori ce n’è un numero indefinito mentre a comprare i loro prodotti sono poche immense società di distribuzione, la cui solidità economica a volte è persino sostenuta con denaro sporco. Inoltre alla fine la grande distribuzione potrà rivendere a prezzi esorbitanti in quanto avendo comprato, che so, la maggior parte del latte prodotto in Molise, potrà far da Monopolista.

Così, alla fine, i contadini si troveranno con una spesa maggiore, quella relativa ai carburanti,fertilizzanti, eccetera ma con dei ricavi non altrettanto aumentati in quanto nel frattempo i prezzi agricoli sono in calo o comunque crescono in maniera minore rispetto ai derivati del petrolio.

Inoltre sui titoli che rappresentano derrate alimentari (che già di per se sono una follia) avvengono straordinarie manovre speculative, oltre a immensi giochi geopolitici, causa di scossoni finanziari.

Conseguenza: la perdita di bilancio che si traduce in debiti in capo all’agricoltore stesso in quanto i pagamenti delle sementi ad esempio, da contratto, vengono effettuati posteriormente alla raccolta e quindi alla definitiva vendita.

Per il Molise a tutto questo devono essere aggiunte altre questioni.

Innanzi tutto la devastante annata climatica che ha reso molto difficoltose le principali operazioni di raccolta e semina e ancora episodi come la grandine che ha devastato diversi ettari di terreni pronti per la raccolta e per cui la Regione Molise non indennizzerà di un euro i proprietari per assenza di fondi.

Poi la nascita del più grande stabilimento del mondo per la lavorazione del pomodoro a Foggia1 ha fatto si che i prezzi dell’oro rosso crollassero in seguito alle politiche monopolistiche che il fondatore ha intrapreso, fino al punto che i produttori del basso Molise raccogliessero i pomodori solo per onorare i contratti, senza poi consegnarli e lasciandoli marcire nei campi2 o in alternativa assumendo in nero per salari da fame lavoratori migranti con la speranza di rientrare almeno nelle spese.

Finché un bel giorno arriva una società costruttrice di pale eoliche o smaltitrice di rifiuti radioattivi (magari anche di dubbia onorabilità) e ….

Ma come si è arrivati ad un tal punto?

Per capire come si sia arrivati a tal punto bisogna comprendere che la società di massa in cui siamo ha come fondamentale parametro di misurazione della propria efficienza (tanto economica quanto sociale) il Pil.

Questo indicatore misura l’apporto di valore aggiunto dei beni scambiati e destinati al consumo finale. In altre parole misura il valore di tutto ciò che è comprato per essere definitivamente consumato. Così qualsiasi cosa viene venduta, anche se non fatturata, e poi consumata ha fatto crescere il Pil di una quota pari a tutti i ricavi che su di essa sono stati fatti al netto delle spese,si badi delle spese non dei costi perché dal calcolo del Pil sono esclusi tutti i costi ambientali e sociali come la salute pubblica, l’inquinamento, il livello di criminalità, ecc.

La pretesa di quest’indicatore è quella di misurare il benessere di una nazione o una regione solo in relazione a quanto data nazione o regione ha consumato, e non in relazione al se sia davvero migliorata la qualità di vita. Così i governanti, i tecnocrati e via dicendo spingono l’economia ad un aumento quantitativo più che ad un miglioramento qualitativo, perché secondo loro ciò vuol dire Sviluppo. Così come i progressi tecnologici sono volti esclusivamente alla produttività.

Gli obiettivi che si vanno conseguendo a livello di politiche economiche e sociali vanno verso una sempre maggiore “monetizzazione” delle nostre vite, verso un utilizzo totale del denaro come intermediatore delle relazioni sociali. In questo modo aumenteranno alcuni indicatori economici e i politici e i giornalisti e i fedeli ciechi lettori saranno contenti.

Nel frattempo aumenta il potere economico delle Banche che possono disporre di maggiori quantità di soldi prestati ai cittadini per le loro spese (perché, per chi non lo sapesse, il denaro in circolazione è di una qualche Banca che lo ha comprato da un altra Banca, la Banca Centrale, e un giorno lo ha prestato a qualcuno e che aspetta che gli sia reso, incassando nel frattempo gli interessi. E questo è l’unico modo di “creare moneta” nel sistema).

Ma l’aumento della quantità di denaro, per diversi meccanismi, fa si che i prezzi aumentino continuamente (la così detta inflazione). Così gli agricoltori (ma il ragionamento vale per tutte le persone che lavorano) dovranno lavorare di più così da avere più moneta se vogliono mantenere uno stile di vita come il precedente, o giocare al lotto nella speranza di risolvere tutti i loro problemi per sempre.

Comunque anche nel caso che possano lavorare di più, poi avranno meno tempo per provvedere alle altre esigenze della vita e così dovranno acquistare “servizi”, abbassando il proprio livello di qualità della vita (un esempio su tutti è quello della produzione del pane, a cui larga parte degli agricoltori hanno rinunciato per indisponibilità di tempo, così da dover mangiare qualcosa di sicuramente minor valore nutrizionale e per di più con un costo maggiore). E relative conseguenze sociali dato che un agricoltore, per particolari lavori, su tutti i trattamenti diserbanti, prima di poter abbracciare suo figlio deve fare più di una doccia se non vuole avvelenarlo.

Sul piano della produzione agricola, l’ideologia della crescita si rifletterà in diversi modi. Le colture ammesse nel mercato tradizionale (ossia industriale) sono quelle geneticamente selezionate per le super rese. Tali colture, essendo selezionate nei laboratori (delle università) e non naturalmente negli ambienti dove poi saranno coltivate e dovendo produrre al massimo (“di più è meglio” è il loro motto), risultano più deboli e per questo è necessario utilizzare concimi e fitofarmaci.

I concimi che si utilizzano sono di sintesi chimica, fatto che comporta di riflesso un impoverimento progressivo del terreno (tale fenomeno è stato nominato la Teoria dei paradossi capitali dell’agricoltura industriale chimica4 ). Inoltre, dei pesticidi , sempre di origine chimica, non si conoscono gli effetti incrociati sulla salute umana5.

Tutto ciò, che è un male per la nostra salute e per l’ambiente in generale, è un bene per l’economia perché da un lato il Pil è accresciuto direttamente dal consumo di questi additivi e dall’altro, poiché essi provocano dei danni sia ai consumatori che ai terreni, assicurano una futura spesa che farà crescere di nuovo il Pil.

L’agricoltura, inoltre, così come praticata oggi, è l’attività con cui l’uomo consuma la maggior parte dell‘acqua

Oltre a ciò l’agricoltura vive anche altri problemi derivanti dallo “Sviluppismo”. La distribuzione finale del prodotto ad esempio.

Una volta prodotto il nostro ortaggio o frutto o quel che sia è necessario che raggiunga il consumatore. A questo penserà, come sappiamo, la Grande Distribuzione, che farà aumentare a sua volta il Pil, grazie a tutte le operazioni di stoccaggio imballaggio trasporto e promozione del prodotto. Tutte attività che presuppongono ulteriore utilizzo di derivati del petrolio e prodotti chimici e che per questo si riverseranno ancora positivamente sul Pil. Inoltre la grande distribuzione , spesso fa in modo di abbassare così tanto i prezzi da mettere in serio pericolo la stabilità finanziaria tanto dei produttori quanto degli altri intermediari e assicurandosi per questa strada un sempre maggior potere.

Se invece il prodotto ha necessità di essere trasformato, l’agricoltore sarà costretto, in pratica, come abbiamo visto per i pomodori, a regalarlo a qualche industria la quale dopo i relativi processi, lo venderà di nuovo alla grande distribuzione, che si occuperà di collocarlo sulle nostre tavole in pratici formati che ci permettano di consumarlo direttamente così da soddisfare il bisogno, quello del risparmio di tempo, che tutti ben conosciamo.

Inoltre questo processo genera quantità di rifiuti, considerando anche la percentuale di merci non vendute, considerevoli che dovranno essere ritirati, subire alcune trasformazioni e sversati in discarica.

In questa situazione anche la burocrazia svolge un ruolo cruciale. Non si contano gli ammodernamenti per la “sicurezza e igiene” che negli ultimi anni sono stati emanati dalla Comunità Europea, tutti in sostanza volti a cementificare il territorio e costringere l’allevatore a investire ingenti somme di denaro così da rendere la situazione sempre più precaria. Come non si raccontano le inefficienze e “le procedure informali” che costringono il contadino a provvedersi come può per salvaguardare la propria sopravvivenza economica. Ad esempio per lo smaltimento di rifiuti “speciali” agricoli (la lista è lunga ma su tutti spuntano gli imballaggi dei concimi e le carcasse) vi sarebbe un ente, il quale, per il suo funzionamento, prende le risorse derivanti da una tassa in capo agli agricoltori, ma nessuno tra la provincia di Campobasso e Isernia ha mai visto un loro dipendente. 

Tutto questo, come dicevo, avviene in conseguenza a scelte ben ponderate in ambito di politiche economiche internazionali poi disastrosamente tradotte a livello nazionale e locali. Tale sistema produttivo e di consumo è venuto a formarsi grazie a tutte le leggi che hanno ora incentivato la “modernizzazione”, ora ostacolato il sorgere o il permanere di modelli differenti, facendo uso della violenza( in Molise su tutte quella culturale). In questo modo si ci è garantiti un sistema altamente inefficiente (nessuno ha un’idea precisa sui costi sociali dell’inquinamento), altamente ingiusto e per di più insostenibile nel lungo termine (la terra per quanto grande non è infinita).

Alternative (?)

Oggi, di fronte a questo stato di cose, si sta tentando di riscoprire un modo più antico, salubre e intelligente di fare agricoltura (in barba a tutti i progressisti che per anni hanno accusato di egoismo gli ostinati agricoltori che non volevano convertirsi all’agricoltura industriale).

Ciò di cui sto parlando è l’agricoltura biologica.Tale tipo di agricoltura prevede che la gestione dei terreni sia fatta in maniera organica, prestando attenzione alla biodiversità presente (quello che da sempre le civiltà hanno cercato di fare, pur ciascuna nei propri limiti). Inoltre impiegando varietà autoctone, selezionate nei millenni nei luoghi dove poi sono coltivate, con l’aiuto dell’altrettanto antico sapere contadino, l’impiego di fertilizzanti e soprattutto pesticidi è pressoché annullato e, se mai risulta necessario, sarà effettuato utilizzando quelli di provenienza naturale, senza necessità di inquinare. Tutto ciò in definitiva vuol dire prodotti qualitativamente superiori, salvaguardia della sostanza organica presente nel terreno (ciò è di fondamentale importanza in relazione alla produzione di CO2, in quanto le moderne tecniche di coltivazione,in particolare l’aratura profonda, sono una delle maggiori cause di produzione di anidride carbonica), maggiori benefici per il contadino, in quanto con questo tipo di produzione gran parte delle spese sono abbattute.

Per quanto riguarda i prezzi al pubblico, essi risultano maggiori in quanto in ogni caso le rese saranno minori e inoltre a tali prodotti si cerca di assegnare un Prezzo Giusto per l’agricoltore ed il consumatore, senza dimenticare che l’apporto nutritivo di questi prodotti è centinaia di volte superiore, perciò il bio e l’industriale non si possono considerare come beni equivalenti e quindi sostituibili. Inoltre dagli Stati Uniti (università del Michigan) arriva un’altra notizia importante: se i paesi in via di sviluppo producessero con metodo biologico le loro disponibilità sarebbero migliorate.6

Certo è che però il biologico non è la soluzione a tutti i mali ma rappresenta una possibile risposta, concreta, nell’affrontare una situazione sempre più grave.

Per questo, che fare?

Autorganizzarsi è la parola d’ordine. Se la situazione è tale certamente la colpa è anche nostra. Finché lasceremo che le decisioni vengano prese senza la nostra partecipazione certamente nulla cambierà. Gli esempi di cosa fare sono molti. La vendita diretta della merce in modo da mantenere il più intatto possibile il valore nutrizionale dei prodotti e contemporaneamente di evitare intermediari e spese di trasporto,conservazione ecc. ; la costituzione di reti di produttori e consumatori che consentano ai primi di ridare dignità al proprio lavoro (uscendo dal mercato globale e dal cappio burocratico) e agli altri di salvaguardare la propria salute e insieme aiutare il pianeta a guarire da questo strano tumore chiamato Capitalismo; la conversione al bio e al locale di tutte le mense pubbliche e private in modo da dare concrete possibilità agli agricoltori di sopravvivere e altro ancora.

Voglio parlarvi di due esempi in particolare: la certificazione DE.CO della Associazione Rete Nuovo Municipio 7 e il progetto Genuino Clandestino dell’associazione bolognese Campi Aperti8.

Per quanto riguarda il primo esempio si tratta della certificazione appunto data dai comuni appartenenti a questa rete per le produzioni agricole biologiche fatte sui propri territori. Questa certificazione è volta a risolvere tutti quei problemi burocratici connessi all’ottenimento della denominazione biologica. Inoltre la garanzia del comune su un prodotto agricolo e la creazione di reti commerciali dirette tra più Municipi, sta permettendo ai propri cittadini territori di (soprav)vivere un po’ meglio. Sicuramente da parte di questi sindaci non v’è alcun “conflitti di interesse” in ciò che fanno e ciò fa si che si intraprendano azioni concrete e sensate e ci dimostra che si possono fare le cose anche senza la corruzione. Questi comuni poi hanno avviato un processo di emancipazione tramite la partecipazione collettiva dei cittadini alle scelte e alla gestione del Municipio.

Campi Aperti invece è un associazione di produttori di biologico della provincia di Bologna che ha deciso di auto certificare i prodotti che vengono venduti direttamente al consumatore. L‘aspetto dell’autorganizzazione, dell’autodeterminazione e della costruzione di relazioni politiche è aspetto fondamentale di questo gruppo. Hanno rapporti diretti con i consumatori, si può andare a visitare le loro aziende, hanno un’assemblea alla quale puoi andare, e attraverso la quale i produttori prima di tutto si controllano garantendo la qualità del prodotto. In questo modo non vi è proprio necessità di un qualsivoglia ente certificatore in quanto il rapporto tra produttore e consumatore non è mediato, riducendo così il rischio di reti di corruzione e falsificazione del prodotto. Fra le altre cose hanno stabilito che il lavoro – dei dipendenti ma anche del proprietario del campo – deve essere retribuito 7 euro l’ora in tutte le aziende, in modo da impedire che qualcuno abbassi i prezzi sfruttando i dipendenti ma anche e soprattutto Autosfruttandosi.

Insomma sono molte le cose che si possono fare sin da subito!

In definitiva.

La partita Agricoltura è una partita tutta aperta, specie in Molise. In questo territorio caratterizzato da uno sviluppo che si può definire a macchia di “frisona”, in quanto nella maggior parte del suo territorio ancora non è arrivata nessuna goccia di cemento (perché in fondo la differenza tra un posto sviluppato ed uno no è la presenza o meno del cemento) a fronte di aree compromesse per migliaia di anni, in questo contado che ha visto nascere la civiltà prima di Roma, in questa landa sovente dimenticata nei bollettini meteo, nel tempo di crisi in cui siamo si direbbe possibile una svolta epocale. L’agricoltura rappresenta una opportunità unica per permettere ai molisani di comprendere che l’autodeterminazione è l’unico modo di uscire dalla crisi così come dall‘atavico sfruttamento.

Autodeterminazione vuol dire il potere di decidere sulla propria vita in tutti i suoi aspetti, dando nuova forma al nostro modo di vivere e così permettere nuova vita al nostro territorio.

Organizzare un mercato locale in un paese di 1200 abitanti dove i contadini vendono direttamente i propri pomodori o le proprie mele cotogne o le proprie olive vuol dire portare in piazza quasi la metà degli abitanti di quel paese. Significa ricreare rapporti sociali diversi, di natura di reciproco scambio, anche economico, in quanto basati su una “comunione di interessi” che necessariamente gli abitanti di un territorio, i membri di una comunità, hanno. Significa la possibilità per tutti i contadini di quel paese di poter continuare nel loro lavoro uscendo dalla schiavitù del mercato. Significa per la massaia la possibilità di assicurare un livello di salute degno alla propria famiglia. Significa per quella comunità vivere degnamente del proprio lavoro perpetuando il rapporto di mutua necessità col territorio.

Significa, in definitiva, la possibilità dei cittadini molisani di decidere da sé, in maniera consapevole, sulle sorti del propri territorio, sia dal punto di vista dell’ambiente che da quello economico e liberarsi da sé dal giogo del mercato che li schiavizza, prima che qualcuno riempia il Molise di cemento, catrame e rifiuti radioattivi!!!

                                                                                                                                                                                           p.d.p.

1 http://www.google.com/search?sourceid=chrome&ie=UTF-8&q=world+food+crisis

2 http://europa.eu/legislation_summaries/agriculture/index_it.htm

4  Tale teoria, elaborata dal professore Piero Bevilacqua, ordinario di storia contemporanea alla Sapienza di Roma, afferma che i concimi chimici diversamente da quanto era accaduto in tutta la precedente storia dell’umanità non fertilizzano più la terra ma fertilizzano direttamente la pianta. La concimazione chimica ripetuta nel corso di decenni finisce con l’impoverire la sostanza organica nel terreno, finisce con il favorire l’accumulo di metalli pesanti, il terreno si isterilisce, diventa pesante e naturalmente la pianta vive in un habitat artificiale, questa pianta può sopravvivere solo se costantemente medicalizzata.

5http://www.direttanews.it/2010/06/18/chimica-e-agricoltura-dossier-legambiente-pesticidi-nel-piatto/

6Per tutti i dati relativi alla produzione con metodo biologico http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%255E1077906,00.html

7http://www.nuovomunicipio.org/documenti/bestpractices.html

8http://www.campiaperti.org/

Una risposta a “I contadini del Molise sotto il bastio del Mercato…”

  1. Sono consapevole che tutte le questione citate possono avere un grado di approfondimento molto maggiore ma lo scopo di questo articolo è quello di presentare una analisi comp`lessiva della situazione e proporre una soluzione concreta attraverso l’analisi delle sue determinanti.

    Perciò sarò lieto di rispondere a qualsivoglia critica o commento, che spero arrivino, riservandomi di approfondire ciascun tema in futuro.

    umilmente,
    p.

I commenti sono chiusi.