Il sindaco Di Bartolomeo, la democrazia e i cittadini “fraudolenti”

Dopo il consiglio comunale monotematico sulle aree pedonali di ieri, nel quale, in virtù di un’idea falsata della democrazia (democrazia=delega in bianco agli eletti), è stata negata la parola ai cittadini e alle cittadine che si sono mobilitati negli ultimi mesi sulla questione p.zza Pepe, pubblichiamo una riflessione su quello che è accaduto.

Ieri, 4 aprile 2012, si è tenuto a Campobasso un consiglio comunale monotematico richiesto dal Comitato Isole Pedonali a seguito di un’iniziativa di controinformazione sul tema della mobilità sostenibile, tenutasi il mese scorso.

Il Comitato è nato circa due anni fa, per volontà di singoli cittadini e associazioni spinte dall’esigenza di confrontarsi attorno alle tematiche della mobilità sostenibile, del traffico veicolare, della possibilità di potenziare il trasporto pubblico e altro ancora.

Se qualcuno prova a fare una passeggiata nel centro murattiano di Campobasso, noterà la quantità insostenibile di automobili, noterà pure che ad ogni persona corrisponde un’auto e che non esiste centimetro quadrato libero dalla presenza di macchine. Non vedrà, invece, né corsie preferienziali per autobus, né ciclisti, né gente che si sposta a piedi.

Perchè si sa, ai campobassani piace parcheggiare proprio davanti al bar, al negozio, al pub, all’ufficio. Se si prova a porre la questione, la risposta sarà esattamente questa.

Eppure non ci troviamo in una metropoli, l’estensione territoriale del centro di Campobasso risulterebbe limitata anche agli occhi di un bambino. Quindi se si sceglie di fare un tratto di strada a piedi, pur volendo percorrere tutta la lunghezza del corso, non si arriva a due chilometri!

In questa situazione già fortemente compromessa dall’invadente presenza di automobili, è arrivato fresco fresco un simpatico esperimento dell’attuale amministrazione: riaprire al traffico veicolare e al parcheggio l’isola pedonale di P.za Prefettura.

Perchè? Qualche folle potrebbe chiedersi. Non è dato saperlo.

Quello che si sa, per certo, è che al contrario della stragrande maggioranza dei comuni italiani, che chiudono al traffico almeno i centri storici, a Campobasso si fa l’esatto opposto. Si prende una piazza, che segna il confine tra il borgo medioevale e il centro murattiano e ci si fa passare parte il traffico.

Così, per sperimentare.

All’inizio, “l’esperimento” doveva durare poco, con varie e vane promesse di ritorno alla normalità, ma col passare dei giorni, che sono diventati settimane e poi mesi, il parcheggio ha assunto forma definitiva.  Nonostante le solite promesse, nessuno si è preoccupato di confrontarsi con il comitato, nessuno tra gli amministratori ha spiegato in cosa consistesse, precisamente, questa sperimentazione.

Sono state raccolte più di duemila firme affinchè la piazza possa tornare ad essere area pedonale, è stata organizzata un’assemblea informativa, estremamente partecipata e condivisa. Indice del fatto che  la città non conta solo teste ottuse e miopi.

Perchè è bene che si sappia che P.za Prefettura è solo un aspetto del problema e che nelle intenzioni del comitato c’è la volontà di approfondire l’intera e più complessa tematica della mobilità sostenibile. E l’aggettivo, stavolta, non è solo tecnico.

Dunque torniamo ai fatti: il tanto atteso consiglio, durante il quale la minoranza ha chiesto di far parlare il Comitato Isole Pedonali.

Per regolamento, in situazioni simili, il presidente del consiglio comunale ha piena autonomia di scelta e quindi, se d’accordo, dovrebbe sospendere i lavori del consiglio, permettere gli interventi degli esterni ed eventualmente produrre un documento che poi, una volta riaperti i lavori, viene messo ai voti.

In questo caso, il presidente del nostro consiglio comunale ha preferito mettere al voto la questione senza sporcarsi le mani, con il risultato di 18 voti contrari e 9 a favore. Della maggioranza, Stefano Ramundo e Alberto Tramontano, si sono opportunamente dileguati, senza dare alcuna espressione di voto.

Tra un intervento fiume e l’altro, ecco arrivare anche quello del sindaco Di Bartolomeo, il quale ha stabilito che per esprimere la propria opinione politica sia obbligatorio candidarsi, che il comitato ha raccolto delle firme “fraudolente” e non ha credibilità perchè si ritrova a via Monsignor Bologna a bere birra. Ha detto pure che siccome lui è il sindaco, se decide che vuole sperimentare, sperimenta e basta. Che, insomma, queste firme raccolte valgono poco, tanto a decidere è lui.

Dopodichè la minoranza ha abbandonato l’aula facendo cadere il numero legale, la seduta è stata sospesa e rimandata al 12 aprile.

 Questi sono i fatti. Vorremmo provare, adesso, a condividere alcune riflessioni, come quella sul concetto di democrazia.

Saltiamo il passaggio sull’etimologia della parola, saltiamo anche quello sul significato ideale che politicamente dovrebbe avere. Proviamo a definire la democrazia per come essa ci è apparsa il 4 aprile in una sede istituzionale, quindi teoricamente garante della democrazia.

Ciò che risulta palese è che quando un potere forte riesce a stabilire le modalità, i tempi e i luoghi di una mobilitazione e i cittadini accettano le sue regole, si è nel pieno esercizio della “democrazia”; se, invece, chi si mobilita sceglie in autonomia i modi, i tempi e gli spazi del proprio dissenso, allora si tratta chiaramente di “provocazione”.

Senza citare mostri sacri, prendiamo in prestito una citazione da Nanni Moretti quando dice che “le parole sono importanti”. E chi ha il potere l’ha capito molto bene, forse prima di noi.

L’ha capito ed ha agito di conseguenza, quando ci ha sottratto i termini propri delle lotte e delle rivendicazioni e li ha resi contenitori vuoti. Anche per noi, che spesso sentiamo torcere la bocca quando pronunciamo la parola “libertà” e ancora peggio “democrazia”.

Eppure queste due parole ci appartengono, intendiamo dire che appartengono alla storia che ci piace ricordare.

Cos’è accaduto nel frattempo?

Ce lo siamo chiesto stamattina, quando quello che i nostri occhi stavano osservando con scrupolosa attenzione non era che il ripetersi di un copione. Un piccolo segmento di una realtà molto più ampia e generalmente accettata.

Ecco centrato il punto: accettata, quindi normale, usuale, consueta, frequente.

Che politici democraticamente eletti svolgano democraticamente la loro democratica funzione pubblica e, sempre democraticamente, si permettano di negare gli spazi del confronto ai loro ipotetici elettori è normale.

Sì, certo, danno un po’ fastidio i toni di voce alti, le provocazioni personali, la presunzione, le offese gratuite.

Però, in fondo, rientra nella democrazia. Tu li hai eletti, loro si mangiano la tua pelle. Si può fare.

Al comitato cittadino viene lasciato il permesso di tenere i banchetti per la raccolta delle firme durante il week end, qualcuno i moduli se li porta a casa, a lavoro, la sera quando esce. Questo si può fare, è democratico, basta farlo un po’ sommessamente, sottovoce, dicendo la propria, sì, ma senza offendere nessuno.

Tanto cosa si può mai cambiare o compromettere, quale meccanismo si può bloccare, quale contraddizione si può far emergere?

La domanda è retorica almeno quanto la risposta.

Non è con la loro pratica democratica che si vince, anzi, non si fa altro che tenerli in vita, dando loro anche atto di averti regalato un piccolo spazio di protesta.

Ma allora come ci si riappropria della democrazia? Di quel fare politica che ha senso se è contenuto e non contenitore, di quell’esserci con posizioni ferme e salde, che difendano le nostre vite, i nostri diritti, che restringano lo spazio a prevaricazioni e violenza, quella del più forte sul più debole?

E’ davvero la lotta l’unica risposta? Sì, lo è.

Ma bisogna pur ripartire da qualcosa, parlarne, scardinare il pregiudizio secondo cui le rivendicazioni “concesse” siano la sola strada da seguire, riempire con i nostri contenuti le parole “democrazia”, “libertà”, “partecipazione”, “violenza”, di cui si abusa ormai senza criterio e paradossalmente a svantaggio di chi lotta, con l’unico scopo di creare l’ormai famosa distinzione tra buona e cattiva mobilitazione.

Articoli correlati:

Camera con vista. Appartamenti di lusso in piazza Pepe

Autodromo Campobasso. A proposito della riapertura al traffico di piazza Pepe