L’Italia come non l’avete mai vista (parte prima)

Questa immagine deformata dello stivale non è il disegno di un alunno poco diligente di terza elementare, al quale viene richiesto, nell’ora di geografia, di ricalcare sul quaderno la cartina dell’Italia; né è il frutto dell’opera di un cartografo che ha smarrito ogni più elementare nozione di disegno in scala. È l’“Italia come non l’avete mai vista” proposta dal rapporto annuale di Sbilanciamoci!

Questa carta non è stata costruita per riprodurre in scala le dimensioni del nostro paese: è stata pensata dai ricercatori di Sbilanciamoci! per mostrare il livello di benessere raggiunto in ognuna delle regioni italiane.

Ma che cosa si intende esattamente per “benessere”? Come lo misuriamo? E in Molise, che livello di “benessere” c’è?Di solito, lo sappiamo, si considera come misura del benessere di una società il Prodotto Interno Lordo – il valore totale dei beni e dei servizi prodotti in un paese, ad esempio in un anno, e scambiati con denaro; soprattutto, si ritiene importante il fatto che il PIL cresca sempre, all’infinito, cioè che sempre nuove merci vengano prodotte e vendute (cosa che ultimamente non sta affatto avvenendo).

Così la pensano, almeno, i grandi economisti, i principali media, la maggioranza dei politici di destra e di sinistra, ma anche le banche, le organizzazioni internazionali del commercio, le multinazionali. Tanto che sono riusciti a far entrare nel senso comune l’assunto che l’aumento del PIL sia qualcosa di benefico, che produca necessariamente “benessere” per tutti.

Ma invece non è così: lo sapeva già Kennedy nel 1968 e lo sanno gli ambientalisti, i movimenti per la decrescita e tutti quelli che criticano il produttivismo del sistema in cui viviamo. Il PIL è la misura della ricchezza economica di una società, che non necessariamente coincide con il benessere sociale e ambientale. Il PIL non ci parla delle diseguaglianze e ingiustizie sociali di una società, del suo livello culturale e di istruzione, della salute delle persone che ci vivono, della parità dei diritti dei cittadini (donne, uomini, gay, lesbiche, migranti…), o degli scempi compiuti ai danni dell’ambiente.

Uno degli esempi tipici che lo dimostrano è quello dell’ingorgo in autostrada: fa sicuramente aumentare il consumo di carburante e quindi il PIL, ma inquina l’aria, peggiora la salute dei nostri polmoni, innervosisce gli automobilisti e fa perdere loro del tempo, che potrebbero impiegare in attività più piacevoli. Insomma, l’ingorgo e il relativo incremento del PIL si traduce in un aumento dei ricavi per i venditori di carburante, quindi nell’aumento della loro ricchezza economica, non nel miglioramento del benessere nostro e dell’ambiente in cui viviamo.

Oltre a questo, ci sono tanti altri esempi, e abbiamo già parlato di che cos’è per noi la decrescita, la teoria che parte da questo tipo di critiche al PIL per arrivare ad una proposta politica per una società alternativa a quella produttivista e ingiusta in cui viviamo.

Allora, come fare a valutare il “benessere” di un paese o di una regione, se il PIL non serve a questo scopo?

La campagna Sbilanciamoci!, famosa anche per la sua annuale Contro-finanziaria, ha proposto un indicatore alternativo: l’indice di Qualità Regionale dello Sviluppo.

Il Quars è stato elaborato nel 2003 grazie ad un processo partecipativo che, coinvolgendo la società civile, ha puntato innanzitutto a definire che cosa fosse il “benessere”. Sono state individuate 7 dimensioni di interesse che potessero contribuire a descriverlo: ambiente, economia e lavoro, salute, istruzione e cultura, pari opportunità, diritti, partecipazione. Infine, per ogni dimensione sono stati scelti una serie di indicatori che potessero descriverla in termini quantitativi.

Per quanto riguarda l’ambiente, ad esempio, gli indicatori sono: la densità della popolazione, le emissioni inquinanti, la quantità di fertilizzanti usati in agricoltura, la percentuale di raccolta differenziata, di energia da fonti rinnovabili, di aree protette sul totale della superficie, il numero di aziende biologiche, e infine un indicatore che descrive la presenza di ecomafie e uno che riguarda invece la mobilità sostenibile. Il risultato è la possibilità di misurare in maniera alternativa al PIL i livelli di benessere raggiunti dalle regioni italiane.

Come deve essere, quindi, un territorio per garantire veramente “benessere” a chi vi abita?

Il modello di riferimento, per il rapporto Quars, è “un territorio in cui il sistema di produzione, distribuzione e consumo abbia un impatto minimo sull’ambiente e sia indirizzato verso la sostenibilità; un territorio in cui i servizi sociali e sanitari siano diffusi e di qualità, in cui la partecipazione alla vita sociale, culturale e politica sia carattere distintivo della comunità, mentre diritti e pari opportunità economiche, sociali e politiche siano alla base del patto di cittadinanza.”

Ogni anno, Sbilanciamoci pubblica nel suo rapporto Quars una classifica delle regioni italiane in base al benessere, in termini appunto di qualità della vita sociale e dell’ambiente. La tabella qui accanto mostra la classifica di quest’anno, in cui i valori positivi (da zero a 1) indicano un livello di benessere sopra la media italiana e quelli negativi (da zero a -1) un risultato al di sotto di essa. Accanto alla classifica generale, il rapporto è accompagnato dalle classifiche e dai dati relativi alle singole dimensioni e ai singoli indicatori con cui il Quars è misurato.

Come scrivono Chiara Ricci e Duccio Zola nell’articolo che accompagna la pubblicazione del rapporto, la classifica mostra come le piccole regioni siano quelle meglio attrezzate a perseguire un reale benessere sociale e ambientale: nelle prime quattro posizioni troviamo infatti Trentino, Umbria e Valle d’Aosta (e forse per lo stesso motivo il Molise è la prima regione tra quelle del Sud?).

Il divario tra Nord e Sud, che appare evidente nella classifica generale, si registra con molta chiarezza anche per quanto riguarda le dimensioni di Economia e lavoro, Partecipazione e Pari opportunità, mentre per le altre dimensioni considerate (Istruzione e cultura, Ambiente, Salute, Diritti e cittadinanza) la polarizzazione Nord-Sud non è così evidente come ci aspetteremmo: non è detto, quindi, che nelle regioni del Nord si viva meglio perché sono più ricche.

Interessante è infine confrontare alla classifica delle regioni di Sbilanciamoci! quella relativa al PIL: si scoprirà così che Lazio e Lombardia, che per il loro PIL sono nella parte alta della classifica, quanto a qualità della vita scendono invece, rispettivamente, di 7 e 9 posizioni, mentre l’Umbria, al contrario, sale di 9. A dimostrazione del fatto che la ricchezza economica di una regione, espressa dal PIL, non coincide affatto con la qualità del benessere di chi ci vive, e che una regione più povera di altre può garantire però un livello di benessere migliore.

Nel loro articolo, i ricercatori sottolineano anche l’attualità del Quars in tempo di crisi, una crisi che sta mostrando tutti i limiti di un sistema economico votato esclusivamente alla crescita infinita delle merci prodotte e degli scambi in denaro. Una crisi che ha provocato, a causa dell’imperativo di ridurre il debito pubblico, tagli pesanti agli enti locali, che hanno avuto inevitabili ripercussioni sulla qualità della vita dei cittadini.

Ma che cosa ci dice il rapporto Quars sulla qualità della vita e il livello di benessere in Molise? Lo vedremo nella seconda parte di questo articolo.

Qualche approfondimento:

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